La web tv dell'ateneo di Catania propone una serie di lezioni universitarie fuori dalle aule per sensibilizzare i cittadini sul rischio sismico. Sulla cattedra salgono diversi docenti, tra cui Ivo Caliò, professore di Scienza delle costruzioni. che fa un quadro della situazione catanese, ipotizzando possibili interventi
Prevenzione sismica, parola all’esperto di UniCt «Possiamo permetterci di piangere 100mila vite?»
«Il problema non è da sottovalutare e bisogna ragionare in termini di prevenzione, perché se dovesse arrivare un terremoto a Catania, tra le città a più alto rischio sismico del mondo, saremmo assolutamente impreparati». A parlare è Ivo Caliò – uno dei docenti del dottorato di ricerca in Valutazione e mitigazione dei rischi urbani e territoriali del dipartimento etneo di Ingegneria civile e architettura – reclutato da ZammùTv per La città sicura, conversazioni sulla prevenzione sismica rivolte ai cittadini. L’iniziativa della web tv dell’università di Catania propone «un ciclo di riflessioni sulla prevenzione sismica che dalla comunità scientifica raggiunga la maggioranza dei cittadini».
Tocca infatti all’università, secondo il presidente del comitato editoriale della web tv Luciano Granozzi, diffondere questi temi «in una prospettiva di lunga durata», visto che in una città come la nostra «il problema della rigenerazione urbana è importante al fine di stabilire cosa tutelare e cosa demolire per ricostruire con criteri di massima sicurezza», spiega il professore. Il tema è già stato affrontato l’anno scorso dalla radio dell’università con il programma Terremoto. Il Giorno prima, decretato Miglior format 2015 al contest RadUni e quest’anno torna sulla web tv studentesca come primo passo di un progetto più ampio. Ovvero una serie di lezioni universitarie su tematiche di attualità e interesse pubblico da tenere fuori dall’aula, in luoghi simbolo dove si possano stringere ancora di più i rapporti tra l’università e la città.
I primi talk pubblicati sul sito di Zammù multimedia hanno ricevuto 1500 visualizzazioni nei primi quattro giorni. A introdurre l’argomento Paolo La Greca, docente di Pianificazione urbanistica, che affronta la questione delle politiche pubbliche di rigenerazione urbana e della loro integrazione con quelle intraprese dai privati per la loro sicurezza. La docente di Restauro Caterina Carocci invece sceglie una riflessione sugli aggregati storici e le strutture murarie interconnesse, mentre l’intervento di Ivo Caliò, professore di Scienza delle costruzioni, svela le criticità della città contemporanea, nell’immaginario di molti considerata quella più sicura.
«Catania è stata dotata della normativa sismica nel 1981 – spiega il docente a MeridioNews – quindi indipendentemente dall’anno di costruzione tutti gli edifici progettati prima di questa data sono da considerare più deboli rispetto ai più recenti in cemento armato o acciaio». Che sono in totale meno del 20 per cento sul nostro territorio e presentano una struttura portante molto più resistente, fatta di travi e pilastri più robusti, progettata tenendo conto di azioni sismiche anche severe. La possibilità di adattare gli edifici antichi per metterli in sicurezza esiste, come spiega Caliò, anche se i costi possono superare quelli di demolizione e ricostruzione. È importante sottolineare, però, che gli edifici antisismici non sono strutture che in caso di terremoto non si danneggiano, ma sono progettate per salvare vite umane. «Esistono oggi tecnologie innovative che consentono di subire danni limitati o nulli – aggiunge il professore – come l’isolamento sismico o i sistemi di dissipazione di energia, molto usati in Giappone».
«Per stimare la vulnerabilità degli edifici esistenti – ricorda ancora – è necessario il parere di un esperto perché a volte vengono chiusi o demoliti edifici importanti come scuole e ospedali sulla base di studi grossolani».Sarebbe, inoltre, opportuno dotare ogni edificio di un libretto del fabbricato che stabilisca i parametri con cui classificare le strutture, fino a oggi a discrezione del tecnico. «Non possiamo essere fatalisti, dire che non ci si può fare niente e sperare che il terremoto non arrivi. Se dovesse arrivarne uno come quello del 1693 le stime della protezione civile sono di oltre centomila morti. Possiamo permetterci – domanda il docente – di piangere centomila vite umane per non averci pensato prima?».