Cronaca

Siracusa, spretato dopo condanna per riciclaggio. «Soffro di shopping compulsivo. Più duri con me che coi preti pedofili»

Dopo 33 anni di sacerdozio, Paolo Pandolfo è stato dimesso dallo stato clericale. Non è più un prete. A deciderlo è stato un provvedimento ecclesiale adottato dal dicastero per il clero della Santa Sede a cui si è rivolto il vescovo della diocesi di Siracusa dopo che il processo canonico per l’ex parroco della chiesa di Sant’Andrea ad Augusta era finito con un nulla di fatto. Quello della giustizia ordinaria, invece, lo ha condannato a due mesi – con pena sospesa – per riciclaggio e appropriazione indebita. «Non giustifico nessuno dei miei errori, ma credo che sia comunque sempre sbagliato usare due pesi e due misure», spiega a MeridioNews il 57enne originario di Sortino (sempre nel Siracusano) che dal 20 giugno ha dovuto svestire l’abito talare. Prima nella parrocchia di Santa Tecla a Carlentini, poi in una chiesa a Francofonte e infine ad Augusta, l’ormai ex prete negli anni aveva accumulato debiti per decine di migliaia di euro. Il conto con la giustizia terrena lo ha già pagato con un patteggiamento in sede penale e con la restituzione dei debiti che aveva contratto. Alla chiesa, però, questo non sembra essere bastato. E così si è arrivati a una «suprema e inappellabile decisione» arrivata dalla Santa Sede. «Una sentenza che che ha distrutto la mia vita e i miei progetti da sacerdote evangelizzatore».

«Mi sono indebitato fino al collo – racconta Pandolfo – per comprare suppellettili per la chiesa e per fare dei lavori in alcuni spazi dei locali che venivano utilizzati per le attività pastorali». Oggetti sacri e di arredo in oro e argento di un certo valore e anche campetti da calcio per l’oratorio. «Compravo dando un acconto ma non riuscivo mai a saldare. In realtà, ho scoperto poi che ero affetto da una sindrome di shopping compulsivo». Una patologia, una dipendenza di cui Pandolfo ha preso consapevolezza nei tre anni di percorso di psicoterapia. Dopo otto mesi trascorsi all’interno di una comunità in cui vengono accolti sacerdoti in attesa di giudizio, il 57enne ha scelto di continuare l’iter a casa dei propri genitori. Una decisione che non sarebbe stata vista di buon occhio dai vertici della diocesi. «In comunità con me – aggiunge Pandolfo – c’erano solo un giovane sacerdote temporaneamente sospeso e un anziano prete a processo per pedofilia». Ed è proprio su questo aspetto che l’ex prete parla di pesi e misure diverse adottate da parte della diocesi. «Perfino nei confronti di sacerdoti che sono in carcere condannati per violenze e abusi sessuali in danni dei minori – lamenta Pandolfo – non sono stati presi provvedimenti rigorosi e definitivi tanto quanto il mio, che ho fatto errori per il vile denaro, anzi continuano il loro ministero senza condanne ecclesiali e senza restrizioni».

Restrizioni a cui, invece, ha dovuto sottostare Pandolfo per i tre anni di sospensione. «Sono stati degli arresti domiciliari ecclesiali. Misure che nemmeno un assassino avrebbe meritato», commenta l’ex sacerdote che racconta del divieto assoluto di dire messa in pubblico, di confessare e di predicare, «ma anche – aggiunge – di uscire dal mio comune di residenza senza il permesso del vescovo». Anni nei quali, intanto, Pandolfo ha ripagato la parte dei debiti che era rimasta (di circa 30mila euro) con una fideiussione sull’abitazione dei genitori. «In un momento di disperazione – ammette l’uomo – ho presto degli oggetti sacri di valore e li ho venduti per pagare gli ultimi 7000 euro di debiti che erano rimasti alla banca perché altrimenti avrebbero portato via la casa ai miei anziani genitori. Una cosa che non avrei potuto permettere». Agli atti ci sarebbero anche alcuni accessi e collegamenti fatti dai dispositivi di Pandolfo su siti di azzardo.

Nonostante sia «suprema e inappellabile», Pandolfo non si arrende alla decisione definitiva arrivata dall’alto su sollecito dell’arcivescovo di Siracusa. Tanto che quella sentenza non l’ha nemmeno controfirmata. Adesso ha lanciato una petizione su Change.org in cui chiede di firmare per l’annullamento della riduzione allo stato laicale e ha scritto una lettera – accompagnata da una serie di documenti e relazioni che attestano anche la sua patologia – alla segreteria di Stato con una supplica a Papa Francesco perché riveda quella decisione. «Non ci spero tantissimo ma sono pronto anche ad andare a incatenarmi a piazza San Pietro a Roma, in Vaticano», afferma Pandolfo che nella lettera al Santo Padre si è firmato con la dicitura «sacerdote in eterno». Del resto, quando è stato ordinato Pandolfo aveva 24 anni. «Io – afferma – sono nato per essere sacerdote e sacerdote voglio morire». O, comunque, la cosa che più si può avvicinare a questo. Con una vocazione nata e cresciuta nel movimento del rinnovamento dello Spirito, Pandolfo nella sua nuova vita da laico va messa la domenica «ma in una chiesa in cui non mi conosce nessuno e continuo a fare la Comunione». Intanto, però, comincia a pensare a un’alternativa: diventare un pastore protestante. «Quello che so per certo è che la mia vita appartiene a Cristo – conclude – Se non mi sarà più permesso di essere sacerdote, aderirò alla comunità evangelica pentecostale e continuerò a operare a Siracusa».

Marta Silvestre

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