È formato da cinque ovini il gregge visto aggirarsi dalle parti del plesso ospedaliero universitario etneo. Dall'ufficio stampa escludono categoricamente la possibilità che gli animali siano entrati nei reparti. Mentre, sul web, i catanesi si lasciando andare all'ironia. «Latte fresco in azienda», scherza qualcuno
Policlinico, caprette tra l’ospedale e la campagna «A cani e gatti eravamo abituati, questa è nuova»
Cinque capre brucano l’erba in una giornata di marzo piena di sole. La scenetta bucolica non si svolge in aperta campagna ma nei pressi del Policlinico di Catania, dove gli animali hanno sconfinato. L’appezzamento di terra si trova ai margini del plesso ospedaliero universitario, tra il dipartimento di Agraria e un parcheggio multipiano, sulla collinetta di Santa Sofia. Dove capita che un pastore porti al pascolo piccoli greggi di ovini. Un’immagine, quest’ultima, che ricorda la capra che l’anno scorso era stata fotografata sulla pista dell’elisoccorso di un altro ospedale catanese, il Cannizzaro. Dall’ufficio stampa dell’azienda sanitaria universitaria fanno sapere che hanno verificato la situazione ed escludono categoricamente «la possibilità che gli animali entrino all’interno dell’ospedale, tra i reparti».
«Non è la prima volta che succede, ma si verifica molto raramente», continuano dall’ufficio stampa. «Il muro che si vede dalla foto è molto alto e gli animali non riescono a scendere fino al parcheggio dell’ospedale». «Siamo abituati a vedere gatti e cani dalle parti dei parcheggi, sinceramente le capre sono una novità», precisano. «Latte fresco direttamente in azienda. E poi dicono che la sanità in Sicilia non funziona», scherza un utente su Facebook, commentando la foto che gira sul web da ieri. «In realtà sono state assunte per la manutenzione del verde», ironizza un altro catanese in Rete. E tra loro c’è pure chi ricorda il precedente: «Credevo che la stranezza fosse l’ariete (il caprone, per intenderci) allevato dal reparto elicotteristi del Cannizzaro, ma a un’intera piccola mandria di caprette non ci avrei mai creduto».