E’ la droga il nuovo affare dei boss a Palermo. Complice la crisi economica e la tendenza sempre più diffusa delle vittime del racket a denunciare, infatti, il ‘pizzo’ non produce più i guadagni di un tempo. Così Cosa nostra è tornata ad investire sul traffico di sostanze stupefacenti. Fiumi di hashish e cocaina provenienti soprattutto da Piemonte e Campania. E’ uno dei retroscena dell’operazione Verbero, condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Palermo, che ha portato all’arresto di 39 persone, azzerando uno dei mandamenti più potenti della città, quello di Pagliarelli, e portando in carcere anche i capi delle famiglie di corso Calatafimi e Villaggio Santa Rosalia.
Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia, hanno così permesso di ricostruire le rotte delle droga. Oltre 400 chili di sostanze stupefacenti, sequestrati negli ultimi anni e riconducibili proprio al clan di Pagliarelli. Un’attività di spaccio che si svolgeva sotto la ‘direzione’ attenta del triumvirato, che imponeva rigidi protocolli operativi, la cui violazione comportava sanguinose spedizioni punitive. I nuovi capi di Cosa nostra a Palermo avevano creato «una rete capillare di spacciatori su tutto il territorio» scrive il gip.
E per convincere qualche spacciatore ad allinearsi alle direttive del vertice qualche volta era necessario ricorrere alle maniere forti: un pestaggio vero e proprio. Se poi i pusher si rifiutavano di consegnare il denaro provento della vendita della droga, il triumvirato aveva adottato un metodo infallibile: impossessarsi dei loro mezzi, auto e moto, fino a quando non avessero consegnato l’incasso. Ben stabilita anche la tempista dei rifornimenti. A inizio settimana, generalmente il lunedì, alcuni indagati si occupavano di recuperare gli incassi fatti nelle varie piazze di spaccio ad opera dei pusher di strada. L’acquisto della droga avveniva poi a metà settimana in modo rifornire gli spacciatori per le vendite del week-end.
A gestire i traffici di droga era una donna di origini siracusane, Concetta Celano, già nel 2003 considerata il capo di una violenta ed armata organizzazione di trafficanti, in contatto diretto con il Perù e l’Equador. I carabinieri il 9 aprile dello scorso anno l’hanno bloccata a Palermo, dove si trovava per assistere all’udienza di convalida dell’arresto di tre suoi corrieri. In auto aveva cinque chili di droga.
Ma le indagini, coordinate dal procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi, dagli aggiunti Leonardo Agueci e Teresa Principato, e dai sostituti Caterina Malagaoli, Francesco Grassi e Francesca Mazzocco, hanno fatto emergere come i boss non rinuncino, comunque, al pizzo. Solo che la messa a posto, invece di essere capillare, a tappeto, imposta a tutti, persino ai piccoli commercianti, adesso guarda ai grandi appalti. Lo dimostra il tentativo di estorsione all’impresa che si occupava della ristrutturazione dell’ospedale Policlinico: 500mila euro, l’1 per cento dell’importo complessivo dei lavori, oltre la fornitura di materiali e manodopera. L’imprenditore, però, non ha avuto dubbi e ha denunciato tutto ai carabinieri.
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