Pipino il Breve inaugura la nuova stagione della Brigata d’Arte, al Teatro Comunale di Belpasso

È toccato a Pipino il breve, il fortunato musical di Tony Cucchiara proposto dal Teatro della Città e con protagonista Tuccio Musumeci, aprire la stagione della Brigata d’Arte, la trentacinquesima consecutiva al Teatro Comunale di Belpasso. 

Un’apertura, diciamo subito, assai apprezzata dal pubblico che, dopo due anni di stop dovuti alla misure adottate per contrastare la pandemia e agli inevitabili contraccolpi ad essa seguiti, aveva una gran voglia di tornare a Teatro.

Comprensibile, dunque, l’emozione del presidente Ottavio Sangani, durante il suo saluto prima dell’apertura del sipario e ancora più comprensibile la sua soddisfazione nel rimarcare che quella che stava per iniziare sarebbe stata la trentacinquesima stagione consecutiva della storica compagnia fondata da Antonino Russo Giusti alla fine della seconda guerra mondiale, al Teatro “Martoglio”.

Mentre parlava, non lo nascondo, un po’ di soddisfazione l’ho provata anch’io, visto che assieme ad altri amici ho avuto il privilegio di condividere con lui quegli inizi. Le sue parole, infatti, mi hanno riportato indietro in quel contesto particolare, seconda metà degli anni Ottanta, in cui Belpasso attraversava un momento particolare della sua storia: niente Cinema (il Cinema Eden ed  il Cinema Caudullo erano stati chiusi); niente Teatro (al Teatro La Fenice non era stata rinnovata l’agibilità); Sport così e così (il calcio, dopo i fasti degli anni precedenti, si esprimeva ai suoi minimi storici e la nuova squadra, nata dalla fusione tra Belpasso e Belpassese, vivacchiava nelle zone basse di campionati anonimi. Per non parlare della pallavolo che portava avanti la sua attività più fra “bassi” che tra “alti”, a causa dell’assenza di impianti adeguati sostegni e di impianti sportivi); la classe politica non offriva il meglio di sé, garantendo a stento la normale amministrazione (Il frequente alternarsi di sindaci e di giunte – la Legge sulla elezione diretta sarebbe arrivata negli anni novanta –   non permettevano altro); la criminalità cominciava a mostrare i suoi segni.

Fu in quel contesto che si fece strada il convincimento che la ripresa dell’attività teatrale avrebbe potuto costituire un segnale di inversione di tendenza e così si progettò la Stagione di Prosa “Inverno-Primavera” 1987Ad inaugurarla “Annata ricca, massaru cuntentu”. Una scelta non casuale, se si considerano lacoralità e la gioiosa atmosfera agreste della piece di Martoglio alle quali sarebbe toccato celebrare la festa per il ritorno del pubblico a Teatro. 

Per una strano scherzo del destino, anche la stagione numero trentacinque presenta molte analogie con la stagione numero uno: dalla circostanza – anche lei ha “bagnato” il ritorno del pubblico a Teatro – all’opera proposta – Pipino il breve, anch’essa caratterizzata dalla coralità, valorizzata dalle movenze tipiche dell’Opera dei Pupi e accompagnata dalle suggestive musiche di Tony Cucchiara.

Il pubblico ha seguito con molta attenzione, emozionandosi, divertendosi e persino cantando assieme ai protagonisti i brani più accattivanti. E questo ripaga i sacrifici dell’organizzazione, l’impegno della produzione e la professionalità del cast. 

Alla fine applausi prolungati, convinti e meritati per tutti. Standing ovation, ovviamente, per Tuccio Musumeci che, da oltre quarant’anni, dà vita a Pipino il Breve portandolo in giro per il mondo. 

La cosa non stupisce di certo. Se il pubblico non si stanca mai di vederlo, un motivo ci sarà. E questo, più che nella Compagnia che lo mette in scena, va ricercato nello spettacolo in se stesso. Personalmente ogni volta che lo vedo, senza con ciò essere irriverente, ricavo sempre l’impressione di una squadra di calcio che gioca bene e vince sempre a prescindere dei giocatori che scendono in campo. Un “sistema usato sicuro”? Forse. Con un grande limite, però: Tuccio Musumeci.   Riuscireste ad immaginare un Re Pipino interpretato da un altro? Io, no.


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