Pesto all’emiliana

Uno scandalo al mese, l’onore delle cronache nazionali e, di fianco, l’ombra di una missione. A Parma, mani agricole e mente lombarda, la gente non sembra felicissima di questo clima. Pietro Vignali, primo cittadino d’area civico-forzitaliota, porta orgogliosamente sul petto la medaglia della Carta di Parma, testo di riferimento sui poteri speciali ai sindaci applaudito a mani spellate dal Governo. La capitale del Ducato ha dunque l’arduo compito di fare da portabandiera alla nuova stagione della sicurezza. Ma già alla prima uscita pubblica, con tanto di reporter appositamente convocati per seguire le fasi di un blitz anti-prostituzione, la Municipale si mette in un bel guaio mediatico: a finire sulle prime pagine è la foto di una ragazza nigeriana in una cella di sicurezza, stesa a terra, sporca, ammanettata, nuda, spogliata di qualsiasi dignità. Il piano di propaganda dell’assessore Monteverdi si trasforma in un boomerang per tutta l’amministrazione. Che cincischierà nel tentativo di giustificarsi, ora con secche smentite, ora con la cautela del “faremo i dovuti accertamenti”, ora con l’intramontabile silenzio che tutto insabbia.
 
La città (specie quella bene), mai del tutto ripresasi dall’eco del caso Parlamat e nuovamente ferita dal crack Guru, non è molto temprata a questo genere di popolarità. I parmigiani sono fieri d’essersi conquistati una qualità della vita ben al di sopra della media italiana. E da ogni commento traspare un dispiacere profondo, quasi un rifiuto ideologico al fatto che qualcuno possa metterla in discussione.
 
A Piazzale della Pace, i tanti stranieri in pausa dal lavoro si riuniscono in gruppetti e non fanno altro che parlare di Emmanuel. Emmanuel Bonsu è ghanese, ha 22 anni e lunedì sera è tornato a casa gonfio di botte. Ha avuto coraggio e ha denunciato quello che è successo. Mentre attraversava il parco ex Eridania, per andare a scuola, da un momento all’altro è stato aggredito, inseguito e picchiato da un gruppo di poliziotti. Pistola puntata alla tempia, insulti razzisti d’ogni tipo, violente perquisizioni, immotivata carcerazione. Quando il padre l’ha raggiunto, il verbale – insieme ai suoi effetti personali – è stato cordialmente inserito dalle forze dell’ordine in una grande busta bianca, con su scritto «Emanuel. Negro». La Polizia smentisce e accusa Bonsu addirittura di averla manomessa di suo pugno. Pare sia stato preso per uno spacciatore, ma Emmanuel (con due emme) non c’entra proprio nulla con la droga e il suo racconto è abbastanza lampante. La foto del suo volto tumefatto, mentre stringe tra le mani la busta della vergogna, è un’altra grossissima gatta da pelare per questa sempre più osservata Parma.
 
A voler tastare il polso della doxa, i signori attempati sono quelli che si sbilanciano di più e, tra una sgambettata in bici e l’altra, un po’ dicono la loro, un po’ li vedi sbigottiti, senza parole. E sono indignati, innanzitutto che si possa parlare di una città razzista. «Stiamo esagerando», dicono in coro padre e figlio mentre comprano il giornale in una centralissima edicola. Incrocio lo sguardo di due anziane e ben vestite amiche, nei pressi della chiesetta della Steccata. Mi sorridono, chiedo loro un’opinione. Si rabbuiano, quasi si intristiscono e sospirano con aria materna. All’uscita da una banca, i più impettiti fanno spallucce e si dicono «in attesa delle indagini», affrettando il passo. Se si pensa che due anni fa a Sassuolo la gente si schierò con i poliziotti che massacrarono di pugni e calci un marocchino esagitato, questo quieto fastidio può essere confortante.
 
Gli unici ad arrabbiarsi davvero, insomma, sono i chiamati in causa. I «fratelli», come loro stessi si presentano, che ritrovo risalendo lungo Strada Garibaldi. Appena faccio loro un minimo accenno al nome di Emmanuel, diventano dei fiumi in piena, si sfogano, parlano al plurale e dicono di essere stanchi. Nessuno se la prende con i parmigiani, molti fanno riferimento al caso di Abdul a Milano. Hanno parole feroci contro la polizia, dicono che per noi giornalisti è la prima volta, che ce ne accorgiamo solo ora, ma assicurano che la storia è lunga ed è zeppa di episodi inascoltati.
 
Per i prossimi giorni sono previste manifestazioni di solidarietà, interrogazioni parlamentari e, soprattutto, la relazione consiliare del sindaco Vignali in riferimento all’inchiesta interna – già avviata – sul caso di Emmanuel. Tutte dichiarazioni e iniziative, purtroppo, livellate anche stavolta dalle appartenenze politiche e destinate a sciogliersi nella poca reattività dei cittadini o nella geologica fama dei tempi giudiziari.


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