Pesca: Unione europea e Governo nazionale vientano l’uso di reti da posta derivanti

PER LE MARINERIE SICILIANE E’ UN ALTRO COLPO DURISSIMO. IL SILENZIO DEL GOVERNO REGIONALE DI ROSARIO CROCETTA

È allarme tra le imprese di pesca ed i pescatori siciliani per la proposta dell’Unione europea di bandire l’uso delle reti da posta derivanti. Si tratta di un attrezzo di pesca tradizionale utilizzato per la cattura di acciughe, sardine, sugheri, sgombro e ricciole. Da Bruxelles contestano l’uso dell’attrezzo che provocherebbe danni all’ambiente in quanto poco selettivo. Ovviamente i pescatori non ci stanno e annunciano battaglia.

Quel che lascia basiti è il ruolo svolto dalla Regione siciliana.

Con l’entrata in vigore del Regolamento comunitario potrebbero essere cancellati attrezzi come le menaide, la sgomberara, l’alacciara, la bisantonara, l’occhiatara, la palamitara, la bisara e la bogara, tutti altamente selettivi che non hanno effetto sulle specie protette e sui grandi pelagici.

In questo contesto che mette a rischio migliaia di posti di lavoro e la tradizionale attività di pesca praticata dalle marinerie della piccola pesca artigianale siciliana, qual è l’atteggiamento dell’esecutivo regionale?

Nullo. L’inconcludenza del Governo regionale guidato da presidente della Regione, Rosario Crocetta, rischia di infliggere un colpo mortale alla pesca artigianale siciliana.

L’assenza dell’esecutivo regionale dal confronto nazionale e comunitario sui temi vitali per il futuro della pesca siciliana, come il limite assoluto all’utilizzo delle reti da posta derivanti voluto da Bruxelles e avallato da Roma, rischia di spingere verso il baratro migliaia di pescatori.

La Commissione Agricoltura e produzione alimentare del Senato con una risoluzione approvata nei giorni scorsi ha dato il via libera alla Commissione europea per la messa a bando dal primo gennai 2015 delle reti da posta derivanti.

Decisione assunta senza che l’esecutivo del presidente della Regione, Rosario Crocetta, muovesse un dito a difesa dei pescatori. Nessuna iniziativa è stata posta in essere per sentire le parti sociali e rappresentare a Roma le esigenze delle imprese di pesca e dei pescatori.

L’assessore regionale alla Risorse agricole, Paolo Ezechia Reale, si è fatto trovare impreparato? Che iniziative ha assunto a difesa del settore siciliano? E il dirigente generale del dipartimento pesca, l’ex assessore alle risorse agricole Dario Cartabellotta, cosa ha fatto finora?

Abbiamo raccolto la dichiarazione del presidente di Federcoopesca Sicilia, Nino Accetta.

“Mentre l’Unione europea e l’Italia si accingono a chiudere le porte alla pesca artigianale del Meridione e sopratutto della Sicilia con il divieto totale di utilizzo delle reti da posta derivanti – afferma Accetta – il Governo regionale con il suo mancato intervento dimostra di non avere alcun interesse al settore della pesca siciliano ed alle sorti dei pescatori e delle loro famiglie”.

“Questo ulteriore attacco da parte del commissario europeo della Pesca e degli Affari marittimi, Maria Damanaki, avallato dalla commissione Agricoltura al Senato, dal Governo nazionale – aggiunge il presidente di Federcoopesca – non fa altro che mettere in ginocchio il segmento della piccola pesca artigianale meridionale ed in particolare quella siciliana”.

“Ciò accade nel silenzio totale del governo regionale – prosegue Accetta – che invece di trovare misure che possano mettere fine a questo susseguirsi di attacchi frontali da parte della Commissione europea, si mostra disinteressato alle sorti dei pescatori siciliani e delle loro famiglie. Se nella speranza dei pescatori siciliani ci poteva essere una revisione dei regolamenti comunitari, scellerati già in essere questo ulteriore attacco mette fine a queste speranze”.

Invece di discutere sulle alternative possibili per salvaguardare il sistema pesca siciliano e mantenere un livello di redditività accettabile per le piccole imprese di pesca ed i pescatori – conclude Accetta – si pone fine ad una delle più antiche pratiche di pesca conosciute sin dai tempi di San Pietro”.

In un comunicato stampa diramato nei giorni scorsi, Alleanza delle Cooperative Italiane (Aci) pesca, che unisce Lega pesca, Federcoopesca e Agci Pesca, esprime con durezza il proprio dissenso sulla risoluzione approvata dalla Commissione Agricoltura del Senato che condivide nella sostanza la messa al bando dal 1 gennaio 2015 delle reti da posta derivanti, secondo quanto proposto dalla Commissione UE al Parlamento europeo e al Consiglio.

“La risoluzione – si legge nella nota stampa – non ha tenuto minimamente conto delle posizioni e dei rilievi espressi all’unanimità da tutte le Associazioni di rappresentanza, che, ribadendo la più netta contrarietà all’ipotesi di bando totale, si sono pronunciate a favore di interventi di razionalizzazione della gestione, in linea con le indicazioni della ricerca, da accompagnare alle relative misure di accompagnamento socioeconomico.

Aci pesca punta il dito sull’ipotesi di bando considerato una forzatura che la Commissione europea compierebbe in aperto contrasto con i dati della ricerca scientifica, oltre che con poca trasparenza circa l’esito della consultazione pubblica condotta lo scorso anno.

L’associazione riferisce, attraverso il citato comunicato, che su consistenza, caratteristiche tecniche e rilevanza socioeconomica delle attività tradizionali esercitate con piccole reti derivanti, che interessano nove tipi diversi di sistemi, è stato condotto su finanziamento della stessa commissione il progetto di ricerca Driftmed.

Secondo quanto contestato da Alleanza cooperative italiane pesca, le conclusioni dello studio vanno nella direzione opposta al bando comunitario che ne prevede il divieto assoluto di uso delle reti da posta derivanti.

Dallo studio emerge un preciso suggerimento: “L’implementazione di misure di gestione specificamente orientate, che potrebbero assicurare l’attività regolata di queste attività, consentendo la diversificazione dello sforzo di pesca, il mantenimento delle tradizioni locali e il sostegno all’economia delle piccole comunità costiere”.

La ricerca dimostrerebbe, inoltre, l’elevata selettività di questi sistemi artigianali (assenza di scarti, assenza di catture accessorie), il maggiore tasso di occupazione prodotto in rapporto ad altri tipi di pesca, l’elevato valore delle lavorazioni artigianali tradizionali. Si tratta infatti, si sottolinea nel comunicato richiamato, di sistemi di pesca artigianali, a basso impatto ambientale, fonte di reddito e occupazione in particolare nel sud della penisola

Quello che emerge è un accanimento inspiegabile nei confronti di un metodo di pesca ‘made in Italy’, perché sviluppato e utilizzato prevalentemente in Italia. Si vogliono cancellare con un colpo di spugna anni di tradizioni. E il Governo regionale che fa?


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