Politica

Riccardo Pellegrino parla dopo la condanna: «Dimissioni? Di sicuro non presiederò mai il Consiglio comunale etneo»

C’è chi ne chiede le dimissioni e chi ha rivelato che il passo indietro era stato promesso in tempi già sospetti. Eppure, almeno per il momento, Riccardo Pellegrino resta fermo al suo posto. Consigliere comunale di Catania eletto in quota Forza Italia – in una delle liste a sostegno del sindaco Enrico Trantino -, a lui è andata anche la seconda carica più importante del civico consesso etneo, quella di vicepresidente vicario. Il tutto quattro mesi prima della condanna in primo grado a due anni di reclusione (con pena sospesa) per corruzione elettorale per le Regionali del 2017. «Sto facendo le mie valutazioni e sto riflettendo sulla scelta da fare – risponde Pellegrino a MeridioNews – Una decisione che non ha nulla a che vedere con l’aspetto giuridico, ma che è di natura strettamente politica. O, come dice qualcuno, etica». Del resto, la legge Severino (la stessa che portò alla sospensione prima e alle dimissioni poi dell’allora primo cittadino Salvo Pogliese, dopo la condanna per peculato per le spese pazze all’Ars) prevede che Pellegrino possa restare comodamente seduto sulla sua poltrona di Palazzo degli elefanti.

«Sono in una fase di discernimento – aggiunge il consigliere forzista parlando al nostro giornale – Prima di arrivare alla decisione vorrei confrontarmi con i miei elettori (che sono stati oltre 1600, ndr). Soprattutto con avvocati e medici che mi hanno sostenuto durante la campagna elettorale». Sarebbe questo il motivo per cui Pellegrino non ha ancora del tutto sciolto la riserva sul suo futuro in aula consiliare. Nel presente, intanto, per lui l’incarico di consigliere e la carica di vicepresidente vanno di pari passo. «Non avrebbe senso – sostiene – fare un passo indietro solo dal ruolo di vicepresidente. Ma di una cosa sono certo e posso assicurarla – annuncia a MeridioNews Mi rifiuterò di presiedere il Consiglio comunale. Nel caso in cui dovesse assentarsi il presidente (Sebastiano Anastasi, ndr), allora mi assenterò anche io».

Durante l’ultima seduta del Consiglio comunale, la prima di Pellegrino condannato, è stato il sindaco Enrico Trantino a rivelare che, nel corso di una telefonata avvenuta proprio la sera prima dell’insediamento, ci sarebbe stata la promessa di dimissioni anche in caso di condanna di primo grado. «Sicuramente ci siamo capiti male – precisa adesso Pellegrino – In quella occasione, io ho detto al primo cittadino che mi sarei dimesso in caso di condanna definitiva». Un misunderstanding che non sarebbe da poco. «Ci sono rimasto male – continua – del fatto che, dopo la sentenza, il sindaco non mi abbia chiamato e non mi abbia dimostrato un minimo di solidarietà da padre di famiglia e da primo cittadino. Cosa che – sottolinea – ha fatto, invece, Marco Falcone». L’assessore regionale all’Economia, che è anche il commissario di Forza Italia a Catania, «non l’ho ancora visto e non abbiamo ancora parlato di scelte di partito, perché è impegnato con la Finanziaria – dice Pellegrino – ma mi ha telefonato per dimostrarmi la sua vicinanza». Che sarebbe arrivata anche da «alcuni colleghi consiglieri. Perfino da alcuni che poi, con garbo istituzionale, hanno comunque chiesto le mie dimissioni».

I primi a chiedere un passo indietro a Pellegrino, con una nota, sono stati i consiglieri del Movimento cinque stelle, Graziano Bonaccorsi e Gianina Ciancio. «Non possiamo non stigmatizzare la scelta di affidargli il secondo ruolo più importante a Palazzo degli elefanti, nonostante le pesanti accuse a suo carico. Al consigliere, al quale auguriamo di dimostrarsi estraneo ai fatti, chiediamo le dimissioni da vicepresidente». Una richiesta a cui si sono poi affiancati anche altri consiglieri e pure l’Arci che, in un comunicato, ne ha chiesto le dimissioni da ogni incarico pubblico ricordando che Pellegrino era già stato «oggetto di una relazione da parte della commissione regionale antimafia e deferito alla commissione nazionale antimafia per le linee di contatto con la famiglia Mazzei». Il fratello Gaetano, infatti, era stato condannato (proprio mentre Pellegrino era candidato a sindaco di Catania) con l’accusa di essere tra i fedelissimi del boss dei Carcagnusi Nuccio Mazzei. «Quello che vorrei fosse chiaro a tutti è che io non ho rapporti con la famiglia Mazzei, se non con don Carmelo Mazzei, e che non ho mai condiviso le scelte di mio fratello da cui ho preso le distanze. Io – conclude Pellegrino – sono un soggetto libero e non ricattabile».

Marta Silvestre

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