Pd, Faraone rovescia la realtà: «Nessun paracadutato» Ai territori chiede «impegno». Crocetta? «Giustizialista»

I suoi oppositori dentro il partito aspettano il 5 marzo, giorno successivo alle Politiche, per chiederne le dimissioni, pronosticando una debacle storica per il Pd. Ma lui, il sottosegretario Davide Faraone, uomo forte dei democratici in Sicilia e tra i registi della composizione delle liste sull’isola, fedelissimo di Matteo Renzi sin dai tempi della prima Leopolda, risponde a tutte le accuse piovute in questi giorni, si dice «orgoglioso dei candidati messi in campo», tratteggia un Partito democratico come una formazione «garantista, a differenza di Rosario Crocetta», «ispirato ai valori del centrosinistra ma meno ideologico di prima». E si spinge a rovesciare la realtà: «Questa volta – dichiara – in Sicilia non c’è stato alcun paracadutato, i candidati sono espressione dei territori». Dimenticando la collocazione nei collegi plurinominali come capilista di Daniela Cardinale nel Nisseno (motivo che ha spinto i circoli del Partito democratico a Caltanissetta a chiudere), della sottosegretaria Maria Elena Boschi a Messina, Siracusa, e Bagheria, e del premier Paolo Gentiloni a Catania. 

Nella conferenza stampa indetta a Palermo, non poteva non trovare spazio la risposta agli attacchi di Crocetta che ieri ha fatto l’elenco di quelli che l’ex governatore considera impresentabili, a cominciare dal rettore di Messina Pietro Navarra, candidato dietro Boschi, in un posto utile per essere eletto. Proprio nel collegio della città dello Stretto dove Crocetta sperava di collocarsi. «Il Pd è un partito garantista – replica oggi Faraone – siamo distanti anni luce dalla visione giustizialista di Rosario Crocetta che attacca Pietro Navarra perché nipote di un capomafia: solo che il rettore è nato dieci anni dopo la morte dello zio. Secondo Crocetta doveva smettere di vivere, lavorare? Navarra – prosegue – ha una storia di riscatto, è una figura che deve essere portata a modello. Ci sono parenti di mafiosi, come Giuseppe Biondino, che scelgono di proseguire nella strada della criminalità e chi invece compie scelte opposte. Navarra è uomo di grande professionalità e competenza e siamo orgogliosi del suo impegno».

Il sottosegretario fa pure un passo indietro e arriva a mettere in dubbio la promessa fatta da Renzi a Crocetta, dopo il suo passo indietro nella corsa alla presidenza della Regione, di garantirgli un posto nel nuovo Parlamento. «Di questa promessa – spiega Faraone – ne ha parlato solo Rosario Crocetta, sono cose raccontate da lui: Renzi non ne ha mai fatto cenno in questi mesi». Una versione del tutto opposta a quella ripetuta più volte dell’ex governatore che ha sempre raccontato di come il segretario nazionale dei dem lo avesse ringraziato per «aver salvato il Partito democratico», promettendogli riconoscenza al momento giusto. 

Per uno che si allontana eccone un altro che arriva: il sindaco di Palermo Leoluca Orlando ha aderito al Pd da poche settimane, dopo un periodo di collaborazione che parte da prima delle Regionali, giusto in tempo per piazzare il suo fedelissimo Fabio Giambrone come capolista nel collegio plurinominale di Palermo alla Camera. Un ingresso che Faraone benedice: «Con l’adesione di Orlando e di tanti uomini e donne che stanno compiendo la stessa scelta, costruiremo il gruppo consiliare dem più grande tra tutte le città metropolitane d’Italia».

Spazio quindi ai messaggi da lanciare agli esclusi dalle liste, in particolare ai dirigenti – come Antonello Cracolici, molto critico rispetto alle scelte di Roma – e ai territori, in prima fila Caltanissetta e Agrigento, che denunciano di essere stati ignorati e totalmente scavalcati da una «politica diventata scambio di figurine», come l’ha definita il segretario dem di Agrigento, Peppe Zambito. A loro Faraone promette: «Per la prima volta faremo una campagna elettorale in cui eleggeremo solo parlamentari siciliani, non c’è nessun catapultato in Sicilia». E da loro si aspetta «un impegno pieno e diretto per i candidati del Pd e del centrosinistra: la sfida – ricorda – è per la guida del Paese e non dentro il Pd. Ci giochiamo una sfida per il Paese contro il populismo e il qualunquismo del M5s e un centrodestra razzista, scambiare queste elezioni per un congresso del Pd fa solo danno al centrosinistra, di queste dinamiche se ne parlerà dopo il voto negli opportuni organismi di partito». 


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