Pax tibi, Consorzio

C’era una volta, un venerdì non troppo caldo di maggio, un polo universitario decentrato nella patria del barocco.
Poi un perfido mago, con una magia chiamata “incantesimo del Manifesto degli studi”, mise in pericolo la tranquillità della piccola rocca…

… e vissero tutti felici e contenti?

Pace fatta tra il Consorzio ibleo e l’Ateneo di Catania? Parrebbe proprio di sì. Dopo le ultime settimane – che hanno visto ogni giorno rincorrersi comunicati al vetriolo, accuse reciproche e perfino ricorsi giudiziari – il decentramento nel ragusano sembra (parzialmente) salvo.

Dopo l’incontro con il ministro Maria Stella Gelmini, il Senato Accademico e il Consiglio d’Amministrazione hanno deliberato l’attivazione dei primi anni dei corsi di Scienze e tecnologie agrarie tropicali e subtropicali (sia triennale che specialistica), Giurisprudenza, Scienze della mediazione linguistica e Studi comparatistici (triennali) e Lingue e culture orientali ed europee ed extraeuropee (specialistiche).
Lunedì 29 il rettore Antonino Recca e i dirigenti del Consorzio s’incontreranno nuovamente a Roma, dove dovrebbero firmare l’accordo.

Sarebbero così salve le sedi distaccate di Agraria e Lingue – come aveva fatto intuire nelle sue ultime dichiarazioni il prof. Recca – con l’aggiunta di Giurisprudenza. L’intesa però prevede una clausola netta secondo la quale il Consorzio è obbligato a versare entro settembre quanto dovuto finora (circa due milioni e mezzo di euro) e a vigilare sarà lo stesso Ministero dell’Università. Nel caso in cui entro la data del primo ottobre i pagamenti non dovessero pervenire, gli studenti immatricolati sarebbero trasferiti d’ufficio nelle sedi catanesi. I nuovi iscritti saranno debitamente avvertiti del rischio di un eventuale “trasloco”, ma c’è da chiedersi come si possano pianificare le normali attività di didattica e ricerca in una situazione così precaria.

Per la politica del “non scontentiamo nessuno”, solo per il prossimo anno saranno garantiti i terzi anni dei corsi di Scienze del governo e dell’amministrazione (Scienze politiche) e di Economia aziendale (Economia) a Modica. Lo stesso avverrà per il corso di laurea in Informatica applicata a Comiso. Viste le particolare (pessime) condizioni economiche dei due comuni, le spese saranno sostenute interamente dall’Università catanese.

Discorso a parte è quello riservato agli studenti di Medicina: per loro si prospetta un deciso miglioramento, in quanto l’intero distaccamento sarà riportato a Catania (sempre a spese dell’Ateneo).
I frequentatori del polo ibleo, infatti, sono coloro i quali si sono classificati agli ultimi 50 posti agli esami di ammissione, costretti – per la maggior parte a malincuore – a fare le valigie e traslocare a Ragusa. Durante il consiglio straordinario della provincia ragusana convocato in piazza Università, gli studenti avevano incontrato il Rettore per esporre i problemi di una sede completamente inadeguata alla loro formazione.
Vittoria netta (ed eutanasia ottenuta) per gli aspiranti medici.

Per quanto riguarda il versante siracusano, invece, vige lo status quo. Il Consorzio aretuseo ha riproposto una dilazione del debito (13 milioni di euro) in cinque anni, condizione che gli organi di governo universitari non hanno ritenuto accettabile. Inoltre non risulta ancora pervenuto il pagamento di circa 4 milioni di euro atteso da quasi un mese.

Oltre alla questione economica, ad impensierire i dirigenti del Consorzio Archimede ci si mette anche il “temibile” decreto ministeriale 270 (che fissa i requisiti minimi che ogni ateneo è tenuto a rispettare). Secondo le ultime valutazioni, il corso in Tecnologie applicate alla conservazione e al restauro dei Beni culturali (Scienze matematiche, fisiche e naturali) non risponderebbe ai parametri discussi dalla Facoltà nell’ambito della riorganizzazione dell’offerta formativa.
Le sorti dei corsi con sede a Siracusa sono dunque rinviate al nuovo incontro che si terrà martedì 30 con il ministro Gelmini.

Nel corso della seduta, il Senato ha anche approvato un appello ai parlamentari siciliani nel quale si prospettano nuove difficoltà (sia a livello didattico-scientifico che politico-finanziario) se a Roma non si cambierà rotta in materia di istruzione.


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