L’ex patron di Valtur «non era un prestanome di Matteo Messina Denaro», annullata la confisca

Per anni è stato indicato dagli inquirenti come uno dei prestanome di Matteo Messina Denaro. Oggi, la Corte d’Appello di Palermo, sezione misure di prevenzione, ha annullato il decreto del tribunale di Trapani che, nel luglio del 2018, aveva disposto la confisca dei beni dell’ex patron della Valtur Carmelo Patti, nel frattempo deceduto. È stato escluso che Patti abbia avuto, nel corso della sua attività, rapporti di «vicinanza» con l’associazione mafiosa.

La corte ha anche escluso che Patti abbia costruito il suo impero con metodi illeciti «restituendogli, seppure post mortem, – dicono i legali Francesco Bertorotta, Roberto Tricoli, Raffaele Bonsignore, Angelo Mangione, Marco Antonio Dal Ben e Giuseppe Carteni – quella onorabilità ingiustamente macchiata nel corso dei 13 anni di processo di prevenzione». L’ex patron della Valtur venne anche accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, ma il procedimento fu archiviato su istanza della procura.

«Si potrebbe dire che il tempo è galantuomo – proseguono gli avvocati – restano, però, i segni di una aggressione mediatica ingiustamente subita dal cavaliere Patti che è stato indicato come un imprenditore vicino al contesto mafioso di Castelvetrano. Patti è deceduto da incensurato: infatti è stato assolto da tutti i processi e ha dedicato la sua vita al lavoro e alla crescita delle sue aziende dopo essere stato emigrato al nord Italia all’età di 26 anni – concludono dal collegio difensivo – Non ha mai reagito alle aggressioni mediatiche e non mai perso fiducia nella giustizia che oggi, finalmente, gli restituisce integralmente l’onorabilità».


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