Parlano le donne uccise dalla violenza

di Gabriele Bonafede

Due rappresentazioni, Sabato e Domenica scorsa (6 e 7 Luglio), sono andate in scena all’Agricantus per far rivivere le donne uccise da “stranieri familiari”, da quegli “uomini” che non sono capaci di vedere oltre se stessi, e che commettono violenza imperdonabile sulle donne a loro vicine.

Viviana Lombardo in “Stranieri familiari”. Foto di Pino La Pera

Ed è proprio “Stranieri familiari” il titolo dello spettacolo teatrale, scritto e diretto da Domenico Bravo e interpretato da Viviana Lombardo, a far parlare chi la parola non l’ha più perché le è stata tolta con la violenza e l’assassinio.

Chi si aspetta uno spettacolo che indugia sulla parte lugubre del tema si sbaglia: il testo e la stupenda interpretazione dell’attrice palermitana portano anche sul terreno dell’ironia, stemperando nell’umanità, nella cosciente umanità della tragedia, anche le più efferate e spaventose cronache di violenza. E così facendo non tradisce lo stesso messaggio, anzi lo amplifica: un messaggio di vita, del voler riprendere quel percorso, spezzato sui passi delle stesse donne vittime dello straniero di turno.

In Italia diciamo “mettersi nei panni degli altri”, ma la stessa frase in inglese, come in altre lingue, è traducibile in “mettersi le scarpe degli altri”. La rappresentazione vede dunque tante protagoniste in una comunicazione corale con il pubblico, calzando le scarpe delle vittime: ripercorrendo il loro cammino e la loro tragedia.

Viviana Lombardo. Foto di Marco Li Mandri

Ogni personaggio ha scarpe diverse, personalità diverse, nello stesso filo conduttore del proprio dramma: l’avere incontrato chi invece non si è per nulla posto l’idea di mettersi nei panni degli altri nemmeno per un minuto, nemmeno per la donna che dice “d’amare”.

Il percorso dello spettacolo si dispiega così in una serie di sorprese anche se il titolo possa far sembrare che si parli di qualcosa che le cronache dei giornali ci hanno già  raccontato troppo spesso e con troppa dovizia di raccapriccianti particolari.

Nel dramma, nella tragedia più intima e disarmante, “Stranieri familiari” (con luci Pietro Sperduti, allestimento scenico Andrea Duilio Sorbera, foto di scena Pino le Pera), comunica invece un forte senso della vita, una dedizione al continuare a vivere e al far rivivere. Si tratta di un concetto che è presente solo nelle grandi pièce teatrali. E “Stranieri familiari” lo è.

È stato lungamente applaudito, con la speranza che sia riproposto anche nei grandi teatri della città di Palermo e altrove, laddove questi stessi teatri riusciranno a resistere alla violenza sulla cultura che negli ultimi tempi sembra essere lo sport principale di chi governa l’Italia e l’Europa.

Gabriele Bonafede

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