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Pantano, il comico che non soffre di solitudine «Sono l’unico che fa stand-up comedy in Sicilia»
«Io ho cominciato perchè facevo l’autore e poi, pochi anni fa, abbiamo fatto a Palermo i workshop di Satiriasi. Sono stati loro a dirmi “ma che cazzo stai a fare dietro la scena, sali sul palco e mettiti in gioco”. E se avevo le prime volte paura del palcoscenico, come è naturale, mi consigliavano di bere un cicchetto». In fondo, forse, il trucco della stand-up comedy è tutto qui. Almeno a sentire Emanuele Pantano, il giovane palermitano che da tre anni si cimenta con la satira fatta in piedi, stand-up appunto, con l’artista al centro della scena e “armato” soltanto di un microfono, senza altri trucchi comici.
Un genere non proprio popolarissimo, almeno in Sicilia, se si guarda al fatto che Pantano è rimasto l’unico esponente della stand-up comedy nell’Isola. Forse i siciliani sono poco avvezzi alle risate feroci e caustiche. In un suo monologo a Comedy Central – il canale tv dedicato alla comicità – Emanuele ad esempio ironizza su se stesso («le persone con cui ho lavorato nel tempo mi hanno detto che sono un talento; a me ‘sta cosa dà un po’ fastidio, perchè preferisco genio»). Carne scottante, insomma, non proprio accessibile a tutti. O no?
«In realtà fare lo stand-up comedian a Palermo e da Palermo non cambia molto adesso. È difficile ovviamente perchè il sottobosco è tutto legato al cabaret regionale, però di base riesci ad andare fuori e fare venire i vari comedian dal resto d’Italia. Il problema è che non esiste un bacino d’utenza già creato e tu il pubblico lo devi creare attraverso le serate. Non esiste un pubblico attualmente».
La recente serata di Giorgio Montanini allo Spazio Franco, a cui Pantano ha aperto lo spettacolo, è in questo senso esemplificativa. Il piccolo spazio dei Cantieri era pieno, ma i numeri fuori dai confini isolani sono ben diversi. «Se tieni presente che Giorgio riempe il teatro Brancaccio a Roma con 1500 persone, ne fa 1600 a Napoli e altrettanti a Milano, e qui parliamo di 100 persone come un successone è chiaro che non ci sono i numeri per poter dire che c’è una realtà» osserva il comico palermitano. Che quando si prova ad ironizzare sulla sua felice solitudine di stand-up comedian prova a specificare. «In realtà la concorrenza c’è perchè hai quella del cabaret. Nel senso che la gente punta a ridere, non sa la differenza tra stand-up comedian e cabaret. Se riesci a mettere un messaggio è un passo in più che fai».
E come si diventa l’unico stand-up comedian in Sicilia? Partendo dalla Gesip. Proprio così: il padre di Pantano era lavoratore della partecipata del Comune. Alla sua morte il figlio prende il suo posto, così come previsto dal regolamento. Nel frattempo Emanuele continua allo stesso tempo a studiare, laureandosi in Scienze della Comunicazione con una tesi sul Carosello. A un certo punto della sua vita, insoddisfatto di un lavoro a lui non affine, si licenzia. Una scelta sicuramente coraggiosa e controcorrente rispetto al comune sentire palermitano. Coi soldi della buonuscita paga parte della produzione del suo primo documentario, Quannu mori l’erba tinta?, incentrato sul mercato del lavoro a Palermo e andato in onda su Current Tv e Rainews24. Successivamente va a studiare scrittura a Roma. Il suo sogno infatti è quello di diventare un autore di testi scritti. Diventa autore per Ernesto Maria Ponte, dirige un laboratorio comico – che si chiama La carovana stramba – da cui vengono fuori I soldi spicci, Roberto Lipari, Michele Cordaro, Simone Riccobono e tanti altri. Ultimamente è stato l’artefice anche di alcuni monologhi di Sasà Salvaggio.
Tre anni fa, invece, l’illuminazione, o meglio la precisa scelta di fare stand-up comedy in Sicilia. La satira più feroce e cattiva, quella più difficile. Emanuele gira i locali trovando sponde e coinvolgendo persone: al Mob, al Tatum Art, al Quarto Tempo, all’Arci Tavola Tonda, al Palab. Organizza delle sessioni per giovani artisti che vogliono provare a fare i comedians: una decina di tirocinanti, in tutto, che però in gran parte non hanno proseguito l’esperienza. Lui è l’unico, insieme a Pietro Sparacina, che resiste e continua («anche se Pietro vive fuori, purtroppo»). Gira l’Italia, si affina ulteriormente, amplia sempre più la rete di contatti fino ad arrivare a uno spettacolo su Comedy Central. In attesa di non essere più solo. Aspettando Godo, per parafrasare un noto spettacolo teatrale di Claudio Bisio. Fino ad arrivare allo spettacolo satirico sulla vita di Giovanni Falcone, andato in scena venerdì sera al Tatum Art: un racconto diverso dalla solita e stantia retorica antimafia, che invece celebrava il 18 maggio il compleanno del giudice ammazzato da Cosa nostra. «C’era tanta gente – racconta Pantano -. E molti non s’aspettavano di trovare uno che gli avrebbe chiesto di brindare alla morte di Falcone. Però è andata bene».