Palermo, Santana e l’addio al calcio giocato «Prima o poi doveva arrivare, sono tranquillo»

Per ogni fine c’è un nuovo inizio. La frase tratta dal racconto Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupery vale anche per il percorso di Mario Alberto Santana che dopo una carriera lunga 22 anni ha deciso di appendere le scarpe al chiodo. Il nuovo inizio dell’ormai ex capitano del Palermo coincide con l’ingresso in qualità di tecnico nel settore giovanile rosanero: «Le basi per questa decisione le ho gettate con il presidente in occasione della recente cena a casa sua – ha esordito l’argentino classe 1981 in una conferenza stampa nel corso della quale ha ammesso che allenare in futuro il Palermo sarebbe un sogno – molti mi hanno detto che sarebbe stata sofferta e lo è ma sto bene di testa e sono molto tranquillo. Questa scelta, che prima o poi doveva arrivare, è la più giusta per me e per la società. Che ringrazio, dopo questi ultimi due anni passati insieme, per avermi offerto questa nuova opportunità a livello professionale».

Santana, che nel momento in cui nei giorni scorsi è stato ufficializzato il suo addio al calcio giocato ha ricevuto via social tanti messaggi d’affetto da parte dei compagni come ad esempio Pelagotti («Giocatore unico, ti auguro il meglio») e Broh («Un onore giocare al tuo fianco»), ha già individuato i suoi prossimi step: «A fine luglio inizierò il corso (per il patentino, ndr) e dopo penseremo a quale squadra mi sarà affidata. Farò tesoro dell’esperienza che ho acquisito durante la carriera di calciatore per cercare di trasmettere ai ragazzi gli insegnamenti giusti – ha specificato – e farò riferimento in particolare agli ultimi anni nei quali ho affrontato il mio percorso professionale con una maturità diversa rispetto alle battute iniziali». Sfogliando l’album dei ricordi legati alla sua lunga carriera sono tante le immagini sulle quali andrebbe focalizzata l’attenzione: «In generale, il ricordo più bello che mi porterò è il momento in cui ho indossato la maglia della nazionale argentina e ho cantato l’inno del mio Paese, il più brutto è quello relativo all’infortunio che ho rimediato in occasione della gara contro lo Schalke 04 (negli ottavi di finale di Coppa Uefa giocati con la maglia rosanero nella stagione 2005/06, ndr) e che mi ha impedito di andare al Mondiale. Allenatori da prendere come riferimento? Prandelli. Alla Fiorentina mi ha dato tantissimo e – ha aggiunto – mi ha fatto crescere molto sia come giocatore che come persona».

E poi ci sono le cartoline che riguardano Palermo e il Palermo: «Indimenticabile il gol vittoria realizzato nel derby a Catania (lo scorso 3 marzo, ndr), una rete speciale per la squadra ma anche per la società e la città. Sono sensazioni che mi porterò dentro per tutta la vita e vorrei sottolineare anche l’importanza della qualificazione dei rosa in Coppa Uefa, un traguardo prestigioso per la piazza palermitana». Una realtà alla quale l’ex numero 11 rosanero è e resterà per sempre molto legato: «C’è il sole, si respira aria di mare e la gente è umile. Una città che ti offre tutto ed è davvero strano non innamorarsene. Che Palermo lascio? L’ultima è stata una stagione molto intensa (caratterizzata a titolo personale da 24 presenze condite da due gol e tre assist, ndr) e sono convinto che l’anno prossimo non verranno commessi gli sbagli che sono stati fatti. Non si potrà che migliorare sotto tutti gli aspetti, da quello calcistico al fronte societario, e ritengo che questa società allestirà una squadra all’altezza e in grado di arrivare il più in alto possibile».


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