Se a Roma un noto locale decide di vietare l'accesso ai più piccoli, nel capoluogo siciliano il ristorante Moltivolti li invita a pranzo con un posto d'onore. Uno dei pochi pensieri rivolti ai bimbi in una città «senza spazi per la fantasia», spiega l'urbanista Bruno Buffa
Palermo non è una città a misura di bambino «Niente gioco tra barriere, pericoli e poco verde»
Palermo non è una città per bambini. Con pochi spazi verdi, nessun servizio dedicato, molte barriere architettoniche – tra cui posteggi selvaggi che portano a mirabolanti gincane con i passeggini – e nessuno spazio pensato per chi allatta. Ma non sono solo le istituzioni a pensare a una città abitata solo da adulti. Anche i privati gestori di locali e ristoranti raramente dedicano spazi ai più piccoli come invece è di norma nel nord Europa. In città, lo spunto per una riflessione è arrivato dopo il clamore suscitato dal locale romano di Casalbertone che ha vietato l’accesso ai bambini. Moltivolti – ristorante e coworking con sede all’Albergheria che ha tra i fondatori diversi genitori – ha risposto al locale La Fraschetta del pesce riservando ai bambini un posto d’onore. Così domenica 31 tutti i bambini saranno ospiti a pranzo e avranno anche un posto d’eccezione. «I più piccoli a capotavola», scherzano da Moltivolti.
«Riflettiamo sulle barriere architettoniche, che sono un limite alla circolazione sia per i diversamente abili che per una famiglia che vuole fare un giro per le vie della città con il passeggino – dice Bruno Buffa, urbanista palermitano che da anni fa laboratori con i ragazzi sulla vivibilità dei quartieri – In particolare le vie del centro storico di Palermo, per conformazione storica, non sono adatte a un uso misto pedoni-automobili. O forse sarebbe meglio dire che non sono adatte alla circolazione e soprattutto alla sosta delle auto. Gli attraversamenti pedonali non sono quasi mai segnati e in prossimità degli incroci diventa un problema muoversi tra le macchine parcheggiate e quelle in movimento». Anche trovare spazi dove poter giocare in sicurezza è complicato. «Passiamo agli spazi pubblici e al verde? – aggiunge l’urbanista – Quale genitore lascia il proprio figlio giocare liberamente in un giardino? Le preoccupazioni spesso sono frammenti di vetro e bottiglie, residui di demolizioni e qualunque altro rifiuto che trova spazio nei pochissimi spazi a verde pubblici della città. Allora si preferisce portare i propri figli in ville e giardini recintati che aprono in fasce orarie stabilite in cui tutti si sentono più sicuri, ma queste sono pochissime in città».
Anche le aree pedonali da poco istituite non sono a misura di bambino: «È stressante camminare sui marciapiedi perché devi fare continuamente sali e scendi, – continua Buffa – È una sede mista dove taxi, bus, mezzi di emergenza, carico e scarico merci possono circolare, quindi non puoi mai rilassarti». «Nel mio percorso mi sono spesso ispirato all’architetto Francesco Tonucci – continua l’urbanista – Lui sostiene che “Se la città sarà più adatta ai bambini, sarà più adatta per tutti”. Utilizza i più piccoli come metro di misura per le dinamiche cittadine». La stessa filosofia che Buffa introduce nei laboratori che tiene con le scuole, tra passeggiate e sopralluoghi, con tanto di interviste ai residenti. «Chiediamo come si vive nel quartiere, se ci sono spazi dove giocare, se è sicuro passeggiare da soli, se i mezzi pubblici funzionano». «Facciamo studiare, giocando, la nascita ed evoluzione del tessuto urbano per accrescere e rafforzare l’identità territoriale – conclude Buffa – Quello che manca ai bambini e ai ragazzi sono luoghi dove poter spaziare con la fantasia e il gioco in tutte le sue forme».