Benvenuti in serie B. È la scritta giusta per l’etichetta da affibbiare alla gara Palermo-Venezia giocata ieri sera al Barbera. Una specie di manifesto del torneo cadetto nel quale è facile assistere a sfide bloccate, poco spettacolari e decise sostanzialmente da episodi. E nelle quali capita spesso che la squadra più forte, galvanizzata magari da una serie positiva come nel caso dei rosanero reduci da due successi di fila, non riesca a conquistare l’intera posta in palio. Per una serie di ragioni: per circostanze casuali (i padroni di casa, al netto di una manovra che non si è sviluppata in maniera fluida, hanno tirato almeno venti volte verso la porta difesa da Vicario e al 60’ hanno subìto gol, complice una deviazione sul tiro dalla distanza del neo-entrato Segre sugli sviluppi di un calcio d’angolo, in una delle uniche due vere conclusioni dei lagunari), per la lucidità degli avversari, bravi a giocare di rimessa e a non concedere troppi spazi, e anche per demeriti propri.
La formazione guidata da Stellone, infatti, non ha saputo approfittare dell’iniziale disordine degli uomini di Zenga (per l’Uomo Ragno, allontanato al 66’ per avere oltrepassato l’area tecnica di sua competenza, è stata la prima volta da ex al Barbera) e se non avesse giocato sotto ritmo per lunghi tratti del match probabilmente avrebbe creato i presupposti per una partita diversa. Che i rosa avrebbero potuto sbloccare (ad esempio con i tentativi reiterati di un Nestorovski ancora alla ricerca in attacco della migliore intesa con Puscas o alcune nitide occasioni capitate sui piedi di un impreciso Haas) e – con un Venezia costretto a quel punto a scoprirsi – incanalare sui propri binari. Il film di ieri, invece, ha proposto una trama differente. E il Palermo, costretto a rimandare un’altra volta l’appuntamento con la terza affermazione consecutiva – evento che non si verifica dalla seconda parte del campionato di B 2013/14 con Iachini in panchina – deve ringraziare Struna che, con un tap-in di destro in seguito ad una respinta del portiere su un colpo di testa di Nestorovski, ha evitato allo scadere e con una spalla lussata una sconfitta dal sapore di beffa.
Davanti ai poco più di 6 mila spettatori del Barbera, con ampi spazi vuoti che hanno provocato uno strano effetto anche in relazione alla cornice di pubblico dell’ultima sfida con i veneti disputata a giugno e valida per il ritorno delle semifinali playoff, l’acuto vincente del difensore sloveno (il secondo con la maglia rosanero ma il primo davanti al pubblico dato che il gol precedente, nel maggio 2016, lo aveva segnato nella gara interna contro l’Atalanta giocata a porte chiuse) muove la classifica e, contestualmente, valorizza alcune qualità della squadra. Abile a segnare ancora nei minuti finali, trend opposto rispetto al 2017/18 e iniziato in questa stagione in occasione dell’incontro di Coppa Italia con il Vicenza, e a farlo oltretutto in inferiorità numerica ieri in seguito all’espulsione rimediata al 65’ da Trajkovski, punito in maniera eccessiva dall’arbitro per un fallo sanzionabile con il cartellino giallo ma ingenuo nello stesso tempo a rendersi protagonista di un intervento intenzionale sull’uomo (il palermitano Di Mariano, esterno offensivo di un tridente privo di Zigoni e Geijo out entrambi per scelta tecnica) sotto gli occhi del direttore di gara. Non è casuale il fatto che il Palermo segni spesso in zona Cesarini: significa che il gruppo ci crede fino all’ultimo dimostrando, come avvenuto ieri, di sapere reagire alle difficoltà o agli imprevisti di una partita.
Tirando le somme, dunque, i rosa hanno perso due punti o ne hanno guadagnato uno? Con un pareggio tra le mura amiche contro una squadra che naviga nei bassifondi della classifica sembra che a prevalere sia il primo punto di vista ma, per come è maturato il risultato, alla fine gli uomini di Stellone il punto lo hanno paradossalmente guadagnato. Un punto utile, peraltro, per la crescita del collettivo perché quando non riesci a vincere è importante anche non perdere. Concetto valido soprattutto in un campionato particolare come quello di B in cui ogni partita nasconde delle insidie e ogni avversario tende trappole pericolose.
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