Palermo Calcio, su Sidoti «forzatura interpretativa» Il giudice rimane sospeso in via cautelare dal Csm

Una «forzatura interpretativa». Per i giudici della Cassazione non sarebbe che questo il nodo della questione che rende difficile sostenere l’ipotesi che ci sia stato quel patto corruttivo attribuito a Giuseppe Sidoti, il giudice della sezione fallimentare del tribunale di Palermo coinvolto nell’inchiesta sulla sentenza pilotata che avrebbe scongiurato il fallimento della società rosanero. Già a febbraio il tribunale del Riesame di Caltanissetta aveva derubricato il reato in corruzione per esercizio della funzione, dimezzando anche l’interdizione decisa in precedenza per il giudice. Due mesi dopo, la Cassazione annullava sia questa decisione del Riesame sia l’ordine di sospensione per un anno da funzioni e stipendio.

Il reato inquadrato dalla suprema corte sarebbe piuttosto quello di abuso d’ufficio, per il quale però non è possibile eseguire intercettazioni, adesso tutte nulle. Sidoti rimane comunque sospeso in via cautelare e disciplinare dal Csm. Durante la fase istruttoria, a dicembre 2017, era stata captata una telefonata tra uno degli avvocati del Palermo, Francesco Paolo Di Trapani, e l’allora patron rosanero Maurizio Zamparini, indagato e intercettato. Di Trapani parlava di un colloquio con Sidoti e delle sue presunte rassicurazioni sul buon esito del procedimento e gli atti furono trasmessi a Caltanissetta, dove i pm e la guardia di finanza ipotizzarono un patto corruttivo ex post tra Giammarva e Sidoti, piccoli regali e favori come una sorta di ricompensa per non aver fatto fallire la società. Del calibro di un incarico da mille euro mensili, al Palermo, per una sua cara amica; di una promessa di lavoro per il fratello di lei; e addirittura dell’ingresso all’aula bunker per una classe di ragazzini, in occasione della celebrazione del 23 maggio 2018, oltre a vari biglietti per lo stadio.

I legali di Sidoti, gli avvocati Monica Genovese e Matias Manco, ricorrendo in Cassazione, avevano però parlato di «normali adempimenti» in ambito fallimentare e di «altrettanto ordinarie vicissitudini procedimentali». Puntando anche su un altro aspetto: quello che Sidoti era uno solo e che la decisione di non far fallire la società rosanero o meno non spettava solo a lui, ma a tutto il collegio chiamato a giudicare. Quanto alle presunte regalie ricevute dall’ex presidente Giammarva, non permetterebbero di postulare, secondo loro, l’esistenza di un effettivo patto illecito far i due. 


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