La confessione è arrivata questa mattina dal 25enne Massimiliano Quartarone. «Ricevevo da lui e dai suoi familiari attacchi che mi impedivano di uscire di casa e di andare a lavorare», ha detto nell'aula del tribunale
Pachino, uno degli imputati confessa l’omicidio Vizzini «Non volevo ucciderlo, mi rendeva la vita impossibile»
«Sono stato io a uccidere Corrado Vizzini, ma non era mia intenzione. Da tempo, la mia vita era diventata insopportabile perché da lui e dai suoi familiari ricevevo attacchi che mi impedivano anche di uscire di casa e di andare a lavorare». La confessione del 25enne Massimiliano Quartarone è arrivata questa mattina durante l’udienza al tribunale di Siracusa per il processo con rito abbreviato. Il 25enne, però, non ha ulteriormente chiarito i contorni del delitto. Per l’agguato avvenuto nel marzo dello scorso anno in via De Santis a Pachino, insieme a Quartarone erano stati arrestati anche il 26enne Giuseppe Terzo (che ha scelto il rito abbreviato), il 28enne Sebastiano Romano e il 25enne Stefano Di Maria (che hanno optato, invece, per il rito ordinario).
«Il mio assistito – dichiara a MeridioNews l’avvocato Giuseppe Gurrieri che assiste Terzo – ha detto, invece, non solo di non essere stato l’esecutore materiale ma anche di non essere coinvolto in alcun modo in questa vicenda». La prossima udienza è stata fissata per il 9 marzo. Fin da subito, gli inquirenti avevano parlato di «desiderio di vendetta» da parte di Quartarone che, poche settimane prima, aveva ricevuto diversi colpi di fucile contro la sua porta di casa. Vizzini, colpito da quattro proiettili mentre a bordo del suo motorino faceva rientro a casa per rispettare le prescrizioni sulla sorveglianza vigilata, morì qualche giorno dopo all’ospedale Di Maria di Avola.
Dalla ricostruzione fatta dagli inquirenti, dietro il delitto «pianificato nei minimi dettagli» ci sarebbero gruppi criminali rivali in lotta per la supremazia nel mercato illegale della droga e per la gestione personalistica dell’assegnazione di alcuni alloggi popolari. Interessi che avrebbero portato al botta e risposta di fuoco. Il 55enne vittima dell’agguato, oltre a essere pregiudicato per reati legati al traffico di droga, è stato condannato per lesioni gravi procurate ad Antonio Di Maiuta. L’indagine, partita per tentato omicidio, riguardò un agguato generato dalla sete di vendetta per l’omicidio di Paolo Forestieri, vicino a Vizzini e ucciso da Enrico Di Maiuta, figlio di Antonio.
Sullo sfondo del suo omicidio resta anche una trama di legami: Corrado Vizzini è parente alla lontana di Giuseppe Vizzini – detto Peppe Marcuotto – braccio destro e socio in affari (i rispettivi figli sono titolari dell’azienda agricola La Fenice) del boss Salvatore Giuliano e condannato lo scorso dicembre, insieme ai figli Simone e Andrea, per la bomba carta messa sotto l’autovettura dell’avvocata Adriana Quattropani.
Il figlio di Corrado Vizzini, Giovanni, è stato arrestato a febbraio del 2018 perché ritenuto responsabile del tentato omicidio di Giuseppe Aprile, uno dei tre fratelli al servizio del boss Giuliano. Anche questo episodio, avvenuto davanti al bar Scacco Matto (di proprietà di Pietro Giovanni Spataro, figlio dell’ex assessore e consigliere comunale Salvatore Spataro), per gli inquirenti si inseriva nel filone del «regolamento di conti tra bande per il controllo del mercato della droga e delle estorsioni» nella zona tra Portopalo e Pachino. L’azione di Giovanni Vizzini era stata considerata una risposta all’aggressione subita nella stessa sera dal padre Corrado all’interno della sua abitazione. Alcuni vicini di casa, infatti, avevano segnalato l’esplosione di diversi colpi d’arma da fuoco.