Oppure.me, da Catania il social per studenti L’ideatore: «Come Chatroulette, ma meglio»

Per un certo periodo di tempo, più o meno un anno fa, un servizio online chiamato Chatroulette ha spopolato. Il meccanismo è piuttosto semplice: attacchi la webcam, premi Start e il sistema ti assegna un utente a caso col quale parlare vis a vis. Se chi hai davanti non ti piace, poco male: puoi chiedere il prossimo. Le potenzialità di uno strumento del genere, per i maniaci del sesso, sono infinite. Infatti, ad accedere a Chatroulette oggi, c’è da prepararsi alla visione di altrui atti erotici, in solitaria o in compagnia, da qualunque parte del mondo. A scoprire che Oppure.me, il nuovo social network dedicato agli universitari, si ispira proprio a quello, di conseguenza, viene da storcere il naso. «L’idea di Chatroulette era geniale – sostiene Domenico Gravagno, fondatore dell’emulo per studenti – Ma bisognava trovare un modo per evitare la deriva erotico-pornografica».

Gravagno, 25 anni, catanese trapiantato a Milano dopo essersi laureato sotto l’Etna in Scienze della comunicazione, ha messo insieme una squadra eterogenea e ha cominciato a lavorare alla sua idea: far conoscere la gente, far comunicare i ragazzi tra loro e, soprattutto, mandare avanti il suo progetto imprenditoriale. «Per il momento, sviluppare la piattaforma non ha avuto costi», spiega. Il segreto del risparmio è la squadra: Vittorio Bava, 24 anni, originario di Palma di Montechiaro nell’Agrigentino, ha lavorato per due anni per Google a Dublino, Flavio De Stefano e Daniele Sportillo, pugliesi e ventunenni entrambi, studiano ingegneria informatica a Parma, e Gravagno è un webdesigner autodidatta. «Tutte le professionalità che servivano al lavoro le avevamo nel team, gli unici investimenti che abbiamo fatto sono stati pubblicitari». Online e offline, per farsi conoscere nelle università e sui social network.

Oppure.me funziona con lo stesso meccanismo di Chatroulette, solo che per iscriversi bisogna necessariamente fornire una email universitaria. «Al primo accesso la si può cambiare con quella personale – spiega Domenico Gravagno – Ci serviva un filtro che ci permettesse di garantire contenuti puliti, e una selezione stringente dei partecipanti». La registrazione, quindi, funziona solo per chi frequenta l’Università. Effettuato l’accesso, la home è quasi interamente occupata dallo spazio per le immagini riprese dalla webcam: «Si può decidere di chattare con persone della propria facoltà o del proprio ateneo, o anche con ragazzi di tutti gli atenei d’Italia». L’utente sceglie, il sistema pesca a caso tra le persone connesse e la conversazione può cominciare. In alternativa c’è il tasto «Oppure?» per cambiare interlocutore e ricominciare da zero. «Inseriremo altre funzionalità, ma saranno essenziali i feedback degli utenti». Per una settimana ancora, il servizio sarà limitato esclusivamente ai tester, poi sarà aperto ai quasi cinquemila contatti raccolti nei mesi di promozione, infine, tra un mese circa, sarà aperto a tutti: «La fase di beta-testing durerà pochissimo per evitare che gli utenti si annoino: prima apriamo a tutti, prima verificheremo l’effetto del passaparola». E prima potranno tentare di sbarcare su altri mercati: «Abbiamo iniziato con l’Italia perché è il posto che conosciamo meglio, ma vogliamo portare Oppure.me a livello prima europeo e poi mondiale».

Niente pubblicità, «non penso che metteremo dei banner fissi nelle pagine del sito». In realtà, l’idea è più complessa: «I nostri utenti saranno altamente profilati, pensiamo a progetti particolari – dice il giovane – Ci sono molti marchi che hanno come target gli universitari, e noi li mettiamo tutti insieme in un unico posto online». Le prime collaborazioni sono già in fase di partenza, altre sono un sogno in cui Gravagno e i suoi colleghi sperano. Per far decollare il progetto: «So che per un po’ non guadagnerò niente da Oppure.me, ma ho la mia attività che mi permette di vivere serenamente». Una piccola agenzia di webdesign con una nicchia di mercato. A Milano, perché «a Catania non si può lavorare in questo settore». Mancano le aziende, mancano i soldi, «manca la mentalità, e tutto questo ti prosciuga le energie». Tornare a casa? «Forse un giorno, quando avrò realizzato qualcosa di importante altrove e potrò tornare per aiutare i giovani, quando avrò abbastanza risorse e sarò riuscito a diventare un modello».

Luisa Santangelo

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