Oltre 30mila euro per rifare le Regionali 2012 Altri deputati avrebbero saputo della corruzione

«C’era una guerra di potere». È così che l’avvocato Giuseppe Calafiore, arrestato lo scorso febbraio nell’ambito dell’inchiesta denominata Sistema Siracusa, riassume quanto avvenuto all’indomani delle elezioni del presidente e dell’Assemblea Regionale Siciliana dell’ottobre del 2012. La vicenda riguarda il ricorso presentato da Giuseppe Gennuso dopo la sua mancata elezione alle Regionali per cui la scorsa settimana sono scattati nuovi arresti nel filone d’indagine per le sentente pilotate al Consiglio di Stato. «Eh, bello mio Pippo, io questi cristiani non li conosco… Me li portasti tu e io li feci firmare, ma non è che li conosco che gente sono, quindi, tu li devi valutare. Va bene?». I cristiani cui fa riferimento il legale di Gennuso nella telefonata intercettata il 10 giugno del 2013 sono gli altri candidati che hanno presentato ricorso, secondo l’accusa «nell’esclusivo interesse di Gennuso che ne ha curato direttamente l’andamento e ne ha sostenuto gli oneri nei confronti dell’unico avvocato». 

Candidato con una coalizione che si colloca all’ultimo posto, Gennuso perde le elezioni per 90 voti arrivando dopo il gruppo dell’attuale sindaco di Priolo Gargallo, Pippo Gianni. Convinto delle irregolarità, Gennuso fa ricorso al Tar ma perde e impugna la sentenza davanti al Cga che dispone il rinnovo delle operazioni di voto in tre sezioni del Comune di Rosolini e in sei del Comune di Pachino. Presidente del collegio giudicante è Raffaele Maria De Lipsis, finito la scorsa settimana ai domiciliari con l’accusa di corruzione in atti giudiziari. Secondo l’accusa, è a lui che Gennuso avrebbe versato «somme di denaro non inferiori a 30mila euro» con la mediazione degli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore e dell’ex giudice della corte dei Conti, Luigi Pietro Caruso

«Le sentenze furono estese personalmente da De Lipsis», riferisce Giuseppe Mineo, professore associato di Diritto privato all’Università di Catania e giudice laico del Cgars che è stato arrestato lo scorso luglio con l’accusa di corruzione. Parla di una «discussione animata», dopo che la consigliera relatrice si tira indietro dall’incarico. «La vicenda l’ho trovata strana – dichiara ai giudici la consigliera – L‘orientamento preso dal collegio sulla vicenda fu particolarmente innovativo. Ho chiesto di non redigerla – motiva – perché non vedevo argomenti per poterla sorreggere. Non ricordo episodi analoghi in cui mi sono rifiutata di scrivere la sentenza pur avendo il ruolo di relatore».

Le schede elettorali erano sparite dopo che il Cga aveva ordinato accertamenti. Per questo è poi Pippo Gianni a denunciare un dipendente del tribunale di Siracusa e a sollecitare il procuratore, Francesco Paolo Giordano, ad attivarsi per le verifiche. «Sono andato insieme agli onorevoli Vincenzo Vinciullo, Bruno Marziano, Stefano Zito, Edy Bandiera (tutti non indagati, ndr) e forse qualche altro che non ricordo». Il primo cittadino di Priolo riferisce anche di un incontro avvenuto, nel gennaio del 2014, nell’ufficio del presidente Marziano a cui avrebbero partecipato anche Vinciullo e il notaio Giambattista Coltraro. «Vinciullo ci riferì di avere appreso da una persona vicina a Gennuso che quest’ultimo aveva pagato 200mila euro al presidente De Lipsis per ottenere dal Cga una sentenza a lui favorevole. Aggiunse che, se avessimo versato anche noi 200mila euro a De Lipsis, potevamo ottenere una sentenza “secondo giustizia” che non disponesse il rifacimento delle elezioni». Insomma, stando a quanto dichiarato da Gianni, Vinciullo avrebbe ritenuto necessaria una mossa analoga per far tornare il giudice sui propri passi.

«Una minchiata, cioè gli hanno fottuto i soldi. Mi ha detto – dice Vinciullo, in una conversazione telefonica intercettata il 22 ottobre del 2013, facendo riferimento a un braccio destro di Gennuso – che questo scherzetto gli è già costato 200mila euro». Ascoltato dagli inquirenti, perché ritenuto – insieme a Pippo Gianni e Patrizia Calvo (ex presidente del Consiglio comunale di Rosolini) – essere a conoscenza delle dinamiche corruttive di Gennuso, l’ex deputato dell’Ars ha dichiarato che erano parole dette «sulla base di dicerie raccolte in giro». Per quanto riguarda la riunione nella stanza di Marziano, precisa di avere «rappresentato la gravità di ciò che si stava verificando» e di avere «manifestato la necessità di fare fronte comune contro l’attacco che il Parlamento siciliano stava subendo». Insomma, dietro quelle frasi ci sarebbe il suggerimento di rivolgersi «a studi legali di spessore, anche raccogliendo denaro in un fondo comune per far fronte alle spese legali». Invito che, però, non avrebbe raccolto il consenso degli altri colleghi.

A svelare la presunta esistenza di un accordo corrutivo per rifare le elezioni nelle sezioni in cui Gennuso avrebbe avuto maggiore seguito, sono anche le dichiarazioni rese, in diversi interrogatori, da Amara e Calafiore. Quest’ultimo racconta di essere stato contattato dal deputato dell’Ars «perché voleva a tutti i costi parlare con Amara, voleva attività di lobbying (tentativo di influenzare il processo decisionale, ndr) perché sospettava un’attività di lobbying dall’altra parte». È lui a fare da intermediario e a ricevere 40mila euro in contanti da Gennuso per darli ad Amara. Denaro che sarebbe passato poi nelle mani di Caruso per finire al destinatario ultimo, De Lipsis. A confermare la corruzione è poi lo stesso Amara che non nega la propria partecipazione «dopo qualche iniziale riluttanza – spiega – poiché avevo dei rapporti personali con la controparte che era l’onorevole Pippo Gianni, cliente del mio studio. Poi mi sono convinto – concluse – sia per le insistenze di Calafiore, che teneva tantissimo a Gennuso, sia perché avevo interesse a coltivare il rapporto con Caruso e De Lipsis per i contenziosi di Am GroupOpen Land».

(articolo aggiornato in data 25 aprile 2020, per correggere il refuso riguardante la natura delle elezioni che furono ripetute: si trattava delle Regionali e non delle Amministrative)


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