Oikos, le criticità evidenziate dalla commissione tecnica Dai documenti senza firma ai dubbi sulla riqualificazione

Documenti presentati senza la firma di professionisti, tipologie di rifiuti che dovrebbero finire in impianti di riciclaggio, ampliamenti non previsti, un’unica vasca anziché più lotti e un progetto di mitigazione ambientale di cui non si ha traccia. È lunga la serie di rilievi fatta dalla commissione tecnico-specialistica in merito alle autorizzazioni ambientali in mano alla Oikos per la gestione della discarica di contrada Valanghe d’inverno, a Motta Sant’Anastasia. Il parere è stato chiesto in estate dall’assessorato al Territorio e Ambiente, cinque mesi dopo che Nello Musumeci ha chiesto ai dipartimenti regionali di avviare il riesame dell’autorizzazione integrata ambientale.

Il 2020 è stato un anno caldissimo per la società. Dal deposito delle motivazioni della sentenza di condanna per l’imprenditore Mimmo Proto nel processo Terra mia alla messa in discussione degli atti che, nell’estate del 2019, avevano dato a Oikos la possibilità di continuare ad abbancare oltre un milione di tonnellate di rifiuti nei prossimi dieci anni, a poco più di un chilometro dai centri abitati di Motta Sant’Anastasia e Misterbianco. In mezzo la vicenda riguardante il progetto per la maxi-discarica a Centuripe, su cui il governo Musumeci si è già espresso sottolineando la non compatibilità con il piano regionale che potrebbe vedere la luce prima della fine dell’anno.

In 18 pagine, la Cts guidato da Aurelio Angelini riassume la storia e le criticità che contraddistinguono il sito di contrada Valanghe d’inverno. Ma è alla fine del documento che si trova un’osservazione che sembrerebbe non semplice mettere in discussione: «In ragione del mutato quadro normativo e prescrittivo in tema di tutela ambientale e paesaggistica rispetto alla precedente procedura di Via – si legge nel documento – l’area occupata dalla discarica è oggi gravata da plurimi regimi vincolistici che, a prescindere dalle caratteristiche e dai criteri costruttivi e gestionali dell’impianto stesso, la renderebbe sostanzialmente incompatibile con le attività ivi insediatesi».

Tra i punti su cui la commissione si è soffermata c’è una prescrizione che era già contenuta nella prima Aia, quella del 2009: la predisposizione di interventi di riqualificazione di aree pubbliche a Motta Sant’Anastasia per una superficie almeno a pari a quella occupata dalla discarica. Ovvero nove ettari. In merito la Cts sottolinea che il progetto non è «tra gli atti messi a disposizione». Dall’esame della documentazione, invece, emerge la fondatezza delle critiche che negli anni scorsi il Comune di Misterbianco aveva avanzato in merito alla decisione di Oikos di non suddividere la vasca in più lotti. «La suddivisione, funzionale a ridurre la produzione di percolato, è contemplata anche nel decreto n. 221/2009», si legge nel parere. Per quanto riguarda il presunto ampliamento della discarica, la Cts specifica che «dall’esame dei certificati di destinazione urbanistica rilasciati nel tempo dal Comune di Motta e agli atti dei procedimenti amministrativi, parrebbe confermarsi, fatto salvo ogni ulteriore approfondimento, l’ipotesi di una effettiva estensione dell’area di sedime dell’impianto, tra il primo provvedimento ottenuto da Oikos (2009) e quello di rinnovo (2019), a una ulteriore porzione di terreno, urbanisticamente ricadente in zona agricola».

Nel documento, poi, si fa riferimento al parere che il Tar di Catania l’anno scorso aveva chiesto all’Istituto superiore di sanità, in merito ai possibili danni per la salute delle popolazioni locali causati dalla discarica. L’Iss, però, ha specificato che con i documenti a disposizione è impossibile stabilire i rischi per le persone. A riguardo la Cts rimarca la necessità di conoscere gli esiti del monitoraggio effettuato dall’Arpa su richiesta dello stesso Musumeci. A lamentarsi delle emissioni nell’atmosfera sono stati, anche di recente, numerosi cittadini che hanno segnalato i cattivi odori tramite l’app collegata al progetto Nose. Infine, la commissione segnala che tra gli atti esaminati sono stati diversi quelli che non riportano in calce la firma di professionisti abilitati. Questo è il caso dello studio di impatto ambientale (a eccezione della firma di un geologo), del piano di gestione post-operativa e del piano di ripristino ambientale.


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