Nuovo tribunale, appalto da 40 milioni ai Colombrita «Senza proroga non avremmo partecipato alla gara»

La proposta di aggiudicazione verrà formalizzata domani, ma il nome dell’impresa a cui verrà affidato il cantiere per la realizzazione dei nuovi uffici giudiziari di Catania lo si può già fare. Si tratta di Ingegneria Costruzioni Colombrita, nota società etnea che oggi ha sede a San Giovanni la Punta e che è di proprietà dell’omonima famiglia di costruttori. L’informazione è contenuta all’interno del verbale dell’ultima seduta di gara in corso di svolgimento all’Urega: Ingegneria Costruzioni Colombrita, con il punteggio di 97,944 e un ribasso del 18,333 per cento, ha avuto la meglio sugli altri dieci partecipanti. 

L’appalto da oltre 40 milioni di euro riguarda la costruzione della nuova cittadella della giustizia in viale Africa; lì dove fino a poco tempo fa c’era l’ex palazzo delle Poste. L’esame delle buste, contenenti anche le migliorie tecniche al progetto, si è concluso giovedì scorso, rispettando la tabella di marcia annunciata dal Genio civile di Catania per una procedura che sembrava essere nata sotto una cattiva stella. A metà dicembre, infatti, MeridioNews aveva reso nota la mancata diffusione degli atti di gara nonostante il bando fosse stato pubblicato da circa due settimane. A destare perplessità era stato poi il termine per partecipare a fine anno. Una scelta che l’assessore regionale alle Infrastrutture Marco Falcone aveva difeso sottolineando che i tempi erano compatibili con le direttive contenute nel decreto Semplificazioni bis, che ha apportato una velocizzazione agli iter di gara. Tuttavia, pochi giorni dopo, anche sulla scorta di alcuni rilievi mossi dall’associazione nazionale dei costruttori edili (Ance) era arrivata una proroga che aveva fatto slittare la chiusura dei termini a fine gennaio.

«Se non fosse stata spostata la scadenza noi non avremmo partecipato – dichiara Filippo Colombrita, procuratore della società -. Non ci saremmo arrivati a presentare l’offerta migliorativa, perché il tempo era troppo poco e di mezzo c’erano anche le festività natalizie». Prima di pensare alla firma del contratto e all’avvio dei lavori bisognerà attendere la conclusione dell’iter di aggiudicazione. «Mancano gli ultimi passaggi di rito», conferma Colombrita. L’imprenditore è figlio di Rosario Colombrita, ex docente di Ingegneria all’Università di Catania e oggi presidente del consiglio d’amministrazione della società di famiglia. «La decisione di partecipare è nata da una valutazione non solo economica, ci piaceva l’idea di poter lasciare un segno in una delle opere simbolo di questa città», spiega Filippo Colombrita, parlando del progetto. Lo stesso che, a Catania, non ha convinto tutti: in molti, e tra loro Legambiente, avrebbero preferito che l’area venisse sfruttata per realizzare un parco urbano con vista sul mare. 

Negli ultimi mesi, i Colombrita sono finiti al centro di un chiacchiericcio che ha interessato perlopiù gli addetti ai lavori ma che al contempo riguarda una figura che nel recente passato è stata per mesi al centro delle cronache: Giuseppe Romano. Ingegnere, 51enne, è stato tra i funzionari dell’Anas coinvolti nell’inchiesta Buche d’oro, lo scandalo corruzione a fine 2019, ha travolto gli uffici etnei della società che si occupa della manutenzione delle statali. Romano, che fu arrestato in flagranza di reato dalla guardia di finanza poco dopo avere gettato dal finestrino una mazzetta, ha patteggiato una pena a quattro anni ed è stato licenziato da Anas. «L’autorità giudiziaria ha accolto la richiesta di messa in prova ai servizi sociali che comporta – spiega a MeridioNews il suo legale Walter Rapisarda – la possibilità di lavorare come professionista dandone notizia al tribunale di sorveglianza». Ed è sulla scia di questa possibilità che le strade di Romano e dei Colombrita si sono incrociate

«La conoscenza con l’ingegnere risale a tanto tempo fa, ma i rapporti si sono riallacciati soltanto dopo la vicenda giudiziaria che lo ha coinvolto – racconta Colombrita -. Fino a novembre scorso, Romano è stato tra i dipendenti di un consorzio di cui facciamo parte. Poi il rapporto si è interrotto perché ha scelto di lavorare come libero professionista ed è in questa veste che ancora oggi capita che presti consulenza per le società della famiglia». In merito ai motivi che hanno portato gli imprenditori etnei ad aprire le porte all’ex funzionario Anas, ritenuto vertice di un sistema che avrebbe incassato mazzette dalle ditte in cambio di favori, Colombrita non si scompone: «In giro c’è chi ha fatto circolare allusioni spiacevoli, mentre l’unico motivo sta nel fatto che si è scelto di dare una seconda possibilità a una persona che ha ammesso le proprie responsabilità». Il 46enne rivela poi un aneddoto: «Il primo a pensare di non voltare le spalle a Romano è stato mio padre, che è stato vicino all’ingegnere nei momenti più difficili». Il professore Rosario Colombrita è presidente di Asaae, associazione antiracket e antiusura etnea. «L’impegno della nostra famiglia in favore della legalità è indiscutibile e lo si è visto in tutti questi anni. Questo però – conclude l’imprenditore – non significa che se qualcuno sbaglia e paga il proprio conto debba trovarsi le porte chiuse per sempre». MeridioNews ha provato a contattare Giuseppe Romano, anche tramite il proprio legale, senza però riuscirci. 


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