Non «un metro di pioggia» come ha detto il sindaco Leoluca Orlando, ma tra i 124 e i 134 millimetri di acqua. Per il capoluogo si è trattato comunque di fenomeno climaticamente eccezionale che, sul quel territorio, avrebbe tempi di ritorno superiori ai 200 anni
Nubifragio a Palermo: un evento che lì non ha precedenti In Sicilia già successi episodi simili. Le cause e gli effetti
«Oltre un metro di pioggia è caduta a Palermo in meno di due ore». «La pioggia più violenta nella storia della città almeno dal 1790, pari a quella che cade in un anno». Uno di questi enunciati è vero, e uno no. Entrambi sono stati detti dal sindaco Leoluca Orlando sul nubifragio (non “bomba d’acqua” che – come aveva spiegato per il caso catanese di due anni fa il dirigente regionale dell’unità operativa climatologia dell’Osservatorio acque Luigi Pasotti – è «una definizione tecnicamente inaccettabile») che ha provocato l’apocalisse a Palermo.
A essere falsa è la prima affermazione. Dai dati registrati dalle due stazioni nella zona di viale Regione Siciliana risulta, infatti, che
nell’area maggiormente interessata sono caduti 124 e 134 millimetri di acqua. E non un metro che corrisponde, invece, a mille millimetri. Peraltro, non tutto il territorio l’intero capoluogo è stato interessato da un fenomeno della stessa intensità. È vero, invece, che non è stato «semplicemente un forte temporale estivo», come è stato sostenuto da alcuni. Si è trattato di un fenomeno di una intensità tale che non ha precedenti riscontri nelle registrazioni storiche dell’Osservatorio acque, che risalgono al 1797. Dunque, un evento climaticamente del tutto eccezionale per Palermo che, stando alle prime stime disponibili, su quel territorio avrebbe dei tempi di ritorno superiori ai 200 anni.
Nella
climatologia della Sicilia, però, eventi di questo tipo non sono del tutto nuovi. Anzi, esistono degli esempi – anche recenti – di intensità paragonabile e anche superiore. Episodi che, però, si sono verificati in zone più soggette a fenomeni simili per motivi orografici, cioè per l’impatto delle caratteristiche dei rilievi montuosi sul territorio. Come, per esempio, il settore orientale dell’Etna che è fortemente influenzato dalla presenza del vulcano. L’anno scorso a essere devastata dal maltempo era stata la zona Sud-Est dell’Isola: coltivazioni distrutte, animali annegati e un agente di polizia penitenziaria morto a Noto (nel Siracusano) travolto dal fango lungo la statale 115. Altro episodio di questo tipo è stata l’alluvione di Giampilieri che l’1 ottobre del 2009 flagellò diversi Comuni del Messinese facendo registrare 37 vittime. Avvicinandosi di più al Palermitano, un fenomeno simile (con meno quantità di pioggia ma di maggiore intensità) si è verificato in occasione della tragedia di Casteldaccia nella quale, nel novembre 2018, persero la vita 12 persone.
Cambiamenti climatici sì, ma non solo. Altri aspetti si sommano e contribuiscono agli effetti disastrosi del maltempo. C’è una carenza di progettazione e di sviluppo urbanistico delle città che, tra gli anni Sessanta e Ottanta, sono cresciute in modo disordinato senza tenere conto di un sistema di scolo della acque piovane adeguato alla cementificazione dei territori. In alcuni casi a questo si aggiunge sia la scarsa manutenzione delle opere che l’accumulo di rifiuti lungo le strade che ostruiscono tombini e canali di scolo.