Nove società di Nicotra passano allo Stato per un anno «I vertici sono stati i canali di infiltrazione della mafia»

Ingrosso alimentari Nicotra di Giuseppa Chiarenza&C; Pavit Srl; Nucleo6 Srl; Nicotra food Srl; Belfrontizio Srl; Essegi Srl; Nicon Srl; Alimentari Nicotra Srl Ni.Imm. Srl. Sono queste le nove società (per un volume complessivo di affari di oltre 30 milioni di euro) riconducibili all’ex deputato regionale di Aci Catena Giuseppe Raffaele Nicotra che sono finite in amministrazione giudiziaria per un anno per «arginare la contaminazione delle aziende rimuovendone l’infiltrazione delittuosa». Il 64enne è attualmente sottoposto agli arresti domiciliari. Lo scorso maggio è stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e tentata estorsione.

Tra le società oggetto del provvedimento c’è anche la
Nicon Srlil cui amministratore unico è il figlio Giuseppe. Con sede ad Aci Sant’Antonio e un capitale sociale di 100mila euro, ha per oggetto il commercio all’ingrosso e al dettaglio di prodotti alimentari e la gestione di supermercati, con undici negozi dislocati in tutta la provincia di Catania (due nel capoluogo, tre nell’acese, tre nel giarrese, uno a Linguaglossa, uno a Gravina di Catania e uno a San Pietro Clarenza). Il provvedimento consentirà agli amministratori nominati dal tribunale di sostituirsi ai vertici delle società che «rappresentano il canale di infiltrazione degli interessi mafiosi». Altro obiettivo sarà quello di costruire una mappatura completa di tutto il personale impiegato dalle società per verificare il modello organizzativo e gestionale. Al momento, il forte sospetto degli inquirenti è che la gestione delle imprese sia orientata ad agevolare la famiglia di Cosa nostra etnea Santapaola-Ercolano, di cui precedenti attività investigative e vicende giudiziarie hanno certificato la vicinanza di Nicotra.

In particolare, tra i destinatari dell’
operazione Aquilia dell’ottobre del 2018 – che ha disarticolato i gruppi mafiosi di Acireale e
Aci Catena – c’era anche Nicotra. L’inchiesta ha accertato i suoi
contatti qualificati con la consorteria
mafiosa
risalenti alla primavera del 1993, quando il suo
comportamento in favore di 
Sebastiano Sciuto, detto Nuccio coscia, indusse il prefetto
di Catania a decretare la sua rimozione dalla carica di sindaco di Aci Catena. Poco dopo, il Comune venne 
sciolto per infiltrazioni mafiose. In seguito all’uccisione del cognato di Sciuto – avvenuta nel corso di
un assalto a una gioielleria di Acireale – Nicotra era andato dai carabinieri di Acireale per chiedere che venisse
revocato il provvedimento di divieto di svolgimento pubblico
delle esequie
, contravvenendo anche all’obbligo di fare rimuovere i necrologi affissi nel
territorio comunale e schierandosi a favore della famiglia del defunto e
affiancandosi lungamente durante le esequie a Sciuto. 

A cristallizza ulteriormente la vicinanza di Nicotra con elementi apicali dell’associazione mafiosa (anche per reperire consensi durante le elezioni all’Ars) sono state pure intercettazioni e dichiarazioni di collaboratori di giustizia appartenenti sia alla famiglia
Santapaola-Ercolano che al clan Laudani, tra cui
in primis il reggente della famiglia
Santapaola
Santo La Causa, Giuseppe Laudani, Gaetano Mario Vinciguerra,
Sebastiano Alberto Spampinato e Mario Sciacca. Le indagini economico-finanziare hanno svelato che, anche tramite la sua attività imprenditoriale (iniziata nel 1983), nel corso degli anni, Nicotra ha agevolato soggetti appartenenti alla famiglia di Cosa nostra etnea

Nello specifico, l’imprenditore avrebbe sollecitato, dal 2005 al 2012, i vertici dei Santapaola a
reperire voti per sé o per altri da lui individuati, ponendosi come interlocutore
politico
di riferimento per la consorteria mafiosa, disponibile ad assecondarne le
esigenze. Inoltre, avrebbe 
pagato stabilmente gli stipendi degli affiliati detenuti. Nicotra avrebbe anche impiegato nelle proprie attività commerciali o in quelle da lui influenzabili, anche in
considerazione del ruolo politico ricoperto,
numerosi familiari di appartenenti
all’organizzazione mafiosa
. Si sarebbe anche occupato di negoziare assegni provenienti dall’associazione, sostituendo banconote di piccolo taglio
con banconote di maggior valore
, al fine di consentire alla stessa il più agevole
trasporto delle somme di denaro necessarie per l’acquisto di sostanza stupefacente e
riciclando così, di fatto,
denaro sporco attraverso la sua attività imprenditoriale. 


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