Nel 2015 rischio licenziamenti e flop dei fondi europei Buio su precari, Comuni, Province e agricoltura

Cosa ci riserverà nel 2015 la politica siciliana? Sarà migliore o peggiore dell’anno che ci stiamo lasciando alle spalle? Le previsioni non sono mai facili. Rosario Crocetta, presidente della Regione, a fine 2013 diceva che il 2014 sarebbe stato l’anno della ripresa. E mai previsione è risultata più disastrosamente sbagliata. 

Anche noi vorremmo tanto che le nostre sensazioni sull’anno che sta arrivando venissero smentite dai fatti, così come i fatti hanno smentito il governatore dell’Isola. Augurandoci con tutto il cuore di sbagliarci, noi non possiamo fare a meno – nel provare a ipotizzare cosa ci aspetta nel 2015 – che partire dai dati oggettivi, cioè dai numeri, che purtroppo sono per definizione testardi. E i numeri, è inutile che ci giriamo attorno, non lasciano molti margini di manovra. 

La prima notizia che salta gli occhi è che, nel silenzio generale, è volato via il primo anno della programmazione dei fondi europei 2014-2020. Ebbene, in questo 2014 non solo la Sicilia non ha speso un solo euro dei miliardi disponibili, ma non si è nemmeno parlato di tale argomento. Dando per scontato che il primo anno la Regione siciliana sarebbe andata a vuoto. E a vuoto, con molta probabilità, potrebbe andare, sul fronte della spesa dei fondi europei, anche il 2015. Proviamo a ipotizzare il perché. 

Per cercare una spiegazione alla nostra ipotesi basta dare un’occhiata al bilancio di previsione 2015 della Regione siciliana. Che dovrebbe essere approvato dall’Assemblea regionale siciliana il prossimo mese di marzo, forse anche ad aprile. Un progetto di bilancio che, per la prima volta nella storia dell’Autonomia siciliana, è finanziato, in buona parte, per quattro dodicesimi. 

Insomma – l’argomento i nostri lettori lo conoscono perché ce ne occupiamo spesso – i soldi sono finiti. La Regione è in bolletta. C’è un buco finanziario di cassa di oltre 5 miliardi di euro. E un buco di competenza di oltre 2 miliardi di euro. Un disastro finanziario provocato, in buona parte, dal governo nazionale di Matteo Renzi, che scarica sulla Regione e sui Comuni i tagli che arrivano dalle politiche del rigore imposte dall’Unione europea. 

Solo che con la Sicilia, per motivi ancora non chiari, Roma ha esagerato. In due anni ha strappato al bilancio della Regione quasi 2 miliardi di euro e mezzo. Più i soldi che dovrebbero arrivare a titolo di ristoro per i maggiori esborsi della Sicilia in materia di spese sanitarie. A cui si sommano i fondi Pac (Piano di azione e coesione) che il governo Renzi ha tolto alla Sicilia con la legge di Stabilità. Dovrebbero essere un miliardo e 200 milioni di euro. Anche se negli uffici regionali sperano che Roma restituisca almeno una parte di queste somme.

Con questi numeri le previsioni non possono che essere pessimistiche. In queste condizioni di bilancio non sarà facile, per la Regione, cofinanziare i fondi europei. Tra l’altro – fatto non secondario – la quota di cofinanziamento a carico delle Regioni del Sud ad Obiettivo convergenza è aumentata. 

Non solo. La Regione, nell’utilizzazione della spesa dei fondi europei, deve anticipare queste somme, che poi Bruxelles restituisce con la rendicontazione, che spesso è lunga e complessa. Come può una Regione quasi al verde cofinanziare e, addirittura, anticipare la spesa di 1-2- miliardi di euro di fondi europei (tanti ne dovrebbe quanto meno impegnare nel 2015)? Resta da capire perché l’Unione europea, conoscendo le condizioni delle Regioni del Sud, si ostina a riproporre cofinanziamento e anticipazione. 

Il meccanismo è creato apposta per non fare spendere questi soldi al Sud e farli finire altrove, com’è avvenuto con i fondi Pac, che, in maggioranza, altro non sono che fondi europei riprogrammati? Chissà. Forse bisognerebbe chiederlo ai parlamentari europei eletti in Sicilia. Scoprirebbero i grandi raggiri che si celano dietro i fondi europei, la cui mancata utilizzazione è speso ascritta con troppa facilità ai ritardi degli uffici regionali.   

Nei giorni scorsi abbiamo scritto che – almeno in questa fase – per il 2015 ci sarebbero i soldi solo per pagare le retribuzioni ai dipendenti regionali, al Parlamento siciliano e, almeno sulla carta, per tenere in piedi una barcollante sanità siciliana. Leggendo meglio i documenti ci siamo accorti che ci sarebbero i soldi anche per pagare, per tutto l’anno, il trasporto pubblico locale (parliamo del trasporto gommato di persone, ovvero, Azienda siciliana trasporti) e per il trasporto via mare. 

Queste potrebbero essere le notizie non negative. Per il resto, le luci sono poche. Vediamo molti problemi per la Formazione professionale. Sia perché il governo regionale, in due anni, ha fatto veramente poco per gli 8mila dipendenti di questo settore, sia perché tutte le risorse del Piano Giovani potrebbero essere fagocitate dallo scippo che Roma ha operato sui Pac. 

Vediamo molti problemi per i Comuni, con possibili dissesti finanziari a catena. Vediamo problemi per le Province. Vediamo problemi per i dipendenti regionali. Vediamo molti problemi per le società regionali. Molte potrebbero chiudere i battenti. Siamo molto pessimisti, ad esempio, su Sviluppo Italia Sicilia, una società che alcuni potentati romani vogliono sbaraccare per prenderne il posto. Vediamo problemi seri per Riscossione Sicilia spa: rispetto a questa società si intravedono – come per Sviluppo Italia Sicilia – interessi esterni alla Sicilia, non esattamente cristallini. 

Siamo pessimisti sull’agricoltura siciliana, alla luce del sostanziale fallimento del Piano di sviluppo rurale 2007-2013 che, a parte gli aiuti alle solite famiglie del vino siciliano, non sembra avere sortito grandi risultati. E siamo pessimisti sull’industria, compresa l’ennesima promessa sul rilancio dell’automobile a Termini Imerese. 

Ipotizziamo grandi problemi per tutto il precariato: per i circa 24mila precari degli enti locali e, in generale, per tutti gli altri circa 50mila precari. Ipotesi, questa, che condividiamo con l’analisi di Riccardo Savona, il navigato parlamentare regionale di Forza Italia che, leggendo il disegno di legge sul Bilancio è arrivato alle nostre stesse conclusioni. Arrivando ad affermare che in Sicilia, se dovesse materializzarsi questo scenario, potrebbe scoppiare la «guerra civile». 

Siamo arrivati al punto critico: per finanziare gli otto dodicesimi del bilancio 2015 oggi per memoria (formula con la quale nel bilancio si indicano i capitoli senza soldi), l’assessore-commissario all’Economia, Alessandro Baccei, dice che ci vogliono le riforme. Le sue riforme. Baccei, inviato in Sicilia dal Governo Renzi, non ha mai parlato dei soldi che Roma ha tolto alla Sicilia. La Regione, per rimpinguare il bilancio 2015, dovrebbe sfoltire precari, forestali e tagliare, tagliare, tagliare. 


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