La Suprema Corte ha accolto il ricorso della procura di Caltanissetta, dopo che il Riesame non aveva riconosciuto l'aggravante per gli indagati nell'inchiesta di novembre. Disposti nuovamente i domiciliari per la moglie del boss Pruiti
Nebros II, Cassazione conferma il metodo mafioso Clan di Cesarò condizionò gara per gestire pascoli
Il condizionamento della gara per l’aggiudicazione dei terreni demaniali indetta, nel 2015, dall’Azienda silvo-pastorale di Troina è stato fatto con metodi mafiosi. A riconoscere l’aggravante è la Cassazione, che di recente ha accolto il ricorso presentato dalla procura di Caltanissetta contro l’ordinanza del Riesame che, non rilevando la presenza dei clan nella presunta turbativa d’asta, aveva disposto la scarcerazione di tutti gli indagati.
Il pronunciamento della Suprema corte ha ripristinato l’impianto sostenuto dai magistrati nisseni nell’inchiesta denominata Nebros II. Ciò quindi ha portato a un nuovo pronunciamento del Riesame che ha disposto i domiciliari per Giuseppe Foti Belligambi e Angioletta Triscari Giacucco, moglie di Giuseppe Pruiti, capomafia di Cesarò da tempo all’ergastolo. Per Sebastiano Foti Belligambi, invece, il tribunale ha previsto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
L’inchiesta che ha fatto luce sul presunto tentativo da parte degli esponenti della criminalità di mantenere il controllo sui terreni pubblici. Concessioni che negli anni hanno garantito ingenti guadagni, attraverso i fondi gestiti dall’Agea, l’agenzia per le erogazioni in agricoltura. Il settore – già oggetto di numerose indagini della magistratura – è quello in cui nel 2015 sono intervenute le istituzioni con l’approvazione del protocollo di legalità da parte della prefettura di Messina, che successivamente è diventato legge dello Stato. La norma impone la richiesta della documentazione antimafia per qualsiasi contratto d’affitto stipulato nei terreni demaniali.
Nella ricostruzione degli inquirenti, gli indagati avrebbero partecipato alla gara nella consapevolezza di non potere più confidare negli affidamenti diretti, ma con la volontà di fare in modo che la gestione spettasse sempre e comunque a loro. Nell’inchiesta è finito indagato anche Antonio Consoli, all’epoca direttore dell’Azienda silvo-pastorale, società del Comune di Troina che gestisce terreni ricadenti anche nel territorio di Cesarò.
La Cassazione ha ripristinato l’aggravante del metodo mafioso anche nei confronti di Giovanni Foti Belligambi, Anna Maria Di Marco, Federica Pruiti e Vita Cavallaro.