Il Tribunale del Riesame ha messo fine, almeno per il momento, alla lunga vicenda giudiziaria relativa ai sigilli alle parabole. Che adesso tornano nella piena disponibilità degli Stati Uniti. Decisive le recenti sentenze del Consiglio di giustizia amministrativa. I legali degli attivisti No Muos: «Intervenga la Corte di Cassazione»
Muos, i motivi del dissequestro dell’impianto Usa «Autorizzazioni legittime per forma e sostanza»
Dopo sedici mesi sotto sequestro, il Muos di Niscemi è tornato nella piena disponibilità degli Usa. La decisione del Tribunale del Riesame di Catania mette, almeno per il momento, fine alla lunga vicenda giudiziaria relativa ai sigilli alle parabole, ferme dal 1 aprile del 2015. Adesso gli Stati Uniti potranno riprendere l’iter per rendere operativo l’impianto di telecomunicazione militare. Un colpo di scena strettamente legato alla decisione del Consiglio di giustizia amministrativa.
Quest’ultimo, lo scorso maggio, aveva sancito l’assenza di rischi per la salute dell’uomo derivanti dai campi elettromagnetici. Una valutazione arrivata a seguito delle contestatissime misurazioni sul campo, effettuate da un collegio di verificatori dopo aver acceso per la prima volta il Muos. Verifiche contestate dagli attivisti perché basate su parametri forniti dagli Usa. Ancora prima, nella sentenza parziale del settembre 2015, il Cga aveva invece preso in esame l’iter autorizzativo, annullando le revoche del 2013 con cui la Regione Sicilia ritirava le autorizzazioni date nel 2011.
Il Tribunale del Riesame, nel motivare il dissequestro, si affida in larga parte alle conclusioni del Cga. «La complessa istruttoria del giudice amministrativo – si legge nell’ultima delibera -, anche tenuto conto delle deduzioni degli oppositori dell’impianto e alla luce del principio di precauzione, ha consentito di accertare la legittimità non solo formale ma anche sostanziale delle autorizzazioni paesaggistiche del 2011, che escludono per conseguenza il contestato abuso».
Quindi i giudici di Catania – presidente Maria Grazia Vagliasindi, coadiuvata da Paolo Corda e Simona Ragazzi – si soffermano sul rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. Partendo dalla «peculiare natura del sistema e della sua funzionalità, un’infrastruttura militare e pertanto un’opera destinata alla difesa militare», si sottolinea come «per le opere militari vige un regime derogatorio assoluto riguardo ai procedimenti di localizzazione e costruzione. Il codice militare – continua il Tribunale del Riesame – esonera le opere destinate alla difesa militare dagli obblighi legali previsti nella materia dell’urbanistica e dell’edilizia. Il legislatore ha bilanciato due valori costituzionali fondamentali – il paesaggio e la sicurezza nazionale – attraverso una disciplina che, seppur prevedendo sempre l’assoggettamento all’obbligo dell’autorizzazione paesaggistica, è tuttavia derogatoria rispetto ai normali moduli procedimentali di acquisizione del parere».
Per i giudici è valida l’autorizzazione paesaggistica fornita anche a seguito della conferenza dei servizi, «acquisita con i pareri favorevoli dell’Arpa Sicilia, del dipartimento d’Ingegneria elettrica della facoltà d’Ingegneria di Palermo, del Consiglio regionale per la protezione del patrimonio naturale», e ancora «con l’autorizzazione Via-Vas», con l’approvazione del Comune di Niscemi e il precedente parere vincolante della Soprintendenza dei Beni culturali e ambientali di Caltanissetta.
«La piena legittimità del ricorso alla procedura amministrativa semplificata – concludono i giudici di Catania -, che si è conclusa con il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica del 2011, è stata accertata dal giudice amministrativo, anche a seguito di un’approfondita indagine scientifica, parametrata al principio di precauzione». Il Tribunale sottolinea infine che proprio l’indagine condotta dal Cga attraverso i periti è determinante sul procedimento di dissequestro, perché viene meno la base del reato contestato.
Dopo la pubblicazione della notizia sugli organi di stampa, Nello Papandrea, Paola Ottaviano e Nicola Lo Giudice, gli avvocati del coordinamento No Muos che hanno seguito il procedimento amministrativo, hanno divulgato una nota in cui sottolineano «di aver appreso la decisione con preoccupazione». «Avevamo già sottolineato – scrivono – che il giudizio amministrativo si è occupato esclusivamente dell’intensità del campo elettromagnetico, non essendosi addentrato il Cga nella questione riguardante l’edificazione del Muos in area protetta e di assoluta inedificabilità che invece è oggetto del procedimento penale. Peraltro, la distinzione fra l’oggetto dei due giudizi è stata ben chiara alla Cassazione che aveva mantenuto il sequestro anche dopo la decisione sul punto da parte del Cga». E auspicano che «la questione sia rimessa alla Corte di Cassazione e che quest’ultima possa rettificare una decisione le cui ricadute sarebbero gravissime».