La storia infinita tra Mpa-Lega: insieme da oltre 15 anni tra maxi bonifici, liti furiose e strette di mano

Tutto bello, tutto rose e fiori. L’amore tra l’Mpa di Raffaele Lombardo e la Lega è scoppiato tra sorrisi, abbracci, baci e la garanzia che si tratta di amore vero. Questo li ha portati non a stringere ma a rinnovare la confederazione che, verosimilmente, li vedrà andare a braccetto nella stessa lista verso le elezioni europee. Niente a che vedere con una risposta all’apparentamento in lista di Totò Cuffaro con Forza Italia dopo l’apertura di Renato Schifani al centro. Adesso, il leader dell’Mpa ed ex governatore della Regione siciliana abbraccia le battaglie di Matteo Salvini, l’intesa – autentica – sull’autonomia differenziata, la costruzione del ponte sullo Stretto. Tema su cui l’Mpa punta «sin dalla sua nascita», come ricordato dal suo fondatore. Lo stesso che, qualche anno fa, diceva che al posto del ponte sarebbe servito «il muro sullo Stretto».

Ma questo è il rapporto tra Lega e Mpa. La neanche tanto strana confederazione che, in realtà, resiste da anni, pur con qualche scossone non da poco. E non senza parole pesanti. Tutto nasce nel 2005, insieme al Movimento per le autonomie, messo in piedi da Lombardo, già ex vicesindaco di Catania e già presidente della provincia etnea. È lui a stringere un patto con il centrodestra a trazione berlusconiana in occasione delle elezioni comunali di Catania, dando un’enorme mano a Umberto Scapagnini per la sua rielezione a primo cittadino del capoluogo etneo, portando alla sua causa una percentuale di preferenze che si è aggirata attorno ai venti punti. Pochi anni dopo, a partire dal 2007, i conti correnti del partito verranno rimpinguati con due versamenti, uno da circa 387mila euro e un altro da poco più di 292mila euro, effettuati proprio dall’allora Lega Nord.

La storia d’amore va avanti, ancora tra alti e bassi, complici le alterne fortune di Raffaele Lombardo. Alti e bassi che portano fino al 2022. Ancora una volta, sul tavolo ci sono delle elezioni amministrative. Si comincia da Palermo: l’autonomista Totò Lentini, deputato regionale della squadra di Lombardo, si lancia in una fuga in avanti e il partito lo segue. Salvo poi abbandonarlo lungo la salita, costringendolo infine, a raggiungere gli altri del Centrodestra e sostenere anche lui il futuro sindaco Roberto Lagalla. Ma è per le Comunali di Catania che Mpa e Lega toccano il fondo. E stavolta senza ripensamenti. Dal Carroccio si fa avanti con prepotenza il nome di Valeria Sudano come candidata a sindaca del capoluogo. Sudano che oltre a essere figlia d’arte è legata a doppio filo – nella politica, così come nella vita privata – a Luca Sammartino, mister preferenze che ha praticamente da solo garantito una buona fetta della vittoria di Renato Schifani, cavallo vincente della Lega, ma soprattutto arcinemico di Raffaele Lombardo. Da qui parte un’offensiva serrata che avrebbe rischiato di culminare persino con la candidatura di Lombardo a sindaco, pur di intralciare la corsa di Sudano.

Poi, all’improvviso, ecco scoppiare il sereno. Lombardo che pare avere ritrovato quanto meno tolleranza nei confronti del vicepresidente della Regione, Matteo Salvini che a Roma accoglie e stringe la mano con gran sorriso al leader autonomista e le dichiarazioni pubbliche che da ambo le parti appaiono quanto mai melliflue. «Se hanno deciso di muoversi in questa maniera non mi pare una novità», il commento del reggente di Forza Italia Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio in carica. Adesso, non resta che aspettare di vedere chi avrà la meglio sul simbolo della lista congiunta, quale sarà il nome preponderante – ognuno convinto che sia il proprio quello in dovere di trainare il nome dell’altro – e soprattutto quanto durerà una pace, che alla fine non si è mai davvero interrotta.


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