Ponte sullo Stretto e il via libera ai maxi stipendi da oltre 240mila euro. Così rinasce la società fondata nel 1981

Rinata dalle proprie ceneri dopo dieci anni e già al centro di un vortice di polemiche. Si tratta della Società Stretto di Messina. L’ente costituito nel 1981 adesso ufficialmente tornato in carreggiata con la riattivazione dell’iter da parte del governo di Giorgia Meloni con in testa il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. All’opera, che prevede un collegamento stabile tra Sicilia e Calabria, è stata dedicata una parte del decreto Omnibus approvato in consiglio dei ministri lunedì sera. Nel testo viene indicato che «non si applicano le diposizioni» di alcuni commi dell’articolo 11 del decreto legislativo 175 del 19 agosto 2016. Testo che legifera in materia di trattamento economico per amministratori, dirigenti e componenti degli organi di controllo delle società con capitale pubblico. Con il nuovo decreto viene tolto il limite massimo di 240mila euro annui «al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali».

Un pacchetto di deroghe che ha fatto saltare dalla sedia le opposizioni. Non è stato così per il ministro Salvini. «Parliamo della più grande opera pubblica attesa in Europa, che gli ingegneri che ci lavorino vengano adeguatamente compensati mi sembra banale, questa è una polemica di bassissimo livello piuttosto si dica “non voglio il ponte”», ha spiegato il leader del Carroccio. L’opera Ponte sullo Stretto era stata messa in archivio dal governo guidato da Mario Monti che, nel 2013, aveva messo in liquidazione la società concessionaria. Adesso a dirigere l’ente ci sarà Pietro Ciucci, per quasi dieci anni presidente e direttore generale di Anas. A giugno è tornato ai vertici della società mentre come presidente del consiglio d’amministrazione siederà Giuseppe Recchi, ex numero uno di Eni e Telecom Italia. Il consiglio di amministrazione è composto poi da Eleonora MarianiGiacomo Francesco Saccomanno e Ida Nicotra

Nell’organigramma della società concessionaria l’81 per cento delle quote è detenuto da Anas, mentre il 13 per cento da Ferrovie Italiane. Le parti restanti, in maniera uguale, sono delle Regioni Sicilia e Calabria. Il progetto dell’opera sarà quello che era stato predisposto consorzio Eurolink, vincitore dell’appalto nel lontano 2005 e poi in causa con lo Stato – perdendo in primo grado e con un contenzioso da 700 milioni di euro – per la mancata realizzazione del Ponte. Il consorzio è composto dalla spagnola Sacyr (18,7 per cento), da Condotte d’Acqua (15 per cento), da CMC (13 per cento), dalla giapponese IHI (6,3 per cento) e dal Consorzio ACI (2 per cento). Da metà luglio è stato incaricato alla guida Gianni De Gennaro, ex capo della polizia e di Leonardo.

Il nodo principale di tutta questa storia sono però sempre i soldi. Da decenni si parla dell’opera, che è già costa un miliardo di euro. Adesso la stima aggiornata per la realizzazione Ponte ha raggiunto quota 14,6 miliardi di euro. Oltre il 50 per cento in più di quando il governo Monti bloccò l’operazione giudicandola anti economica. Il progetto prevede, dopo l’avvio del cantiere, la realizzazione in sei anni. Tempi record se si pensa che di anni ne sono stati impiegati otto per la riapertura della galleria Letojanni lungo l’autostrada A18 Catania-Messina. Il Ponte – nelle intenzioni – sarà quello sospeso più lungo al mondo, con una lunghezza complessiva di 3.660 metri ed una campata sospesa di 3.300 metri


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