Morti in bici in Sicilia: 8 decessi da inizio anno. La testimonianza: «Inseguito per chilometri da un’auto, cercando di farmi cadere»

Tragedie che dovrebbero unire nel dolore, oltre ad aprire una seria riflessione sul rispetto del Codice della strada. Tuttavia, quando a essere ucciso è un ciclista, sui social spesso capita di imbattersi in commenti carichi di odio che puntano il dito contro le vittime o contro un movimento – gli appassionati delle due ruote – accusato di non rispettare mai le regole. L’ultima vittima in ordine di tempo è il 59enne Salvatore Catania, investito e ucciso a Palermo da un 22enne a bordo di una Fiat Punto. Il ciclista stava percorrendo la pista ciclabile di via Mortillaro quando, giunto all’intersezione con via Marinuzzi, si è scontrato con l’autovettura. Dettagli che sembrano appartenere alla fredda cronaca quotidiana, con le forze dell’ordine che dovranno chiarire dinamiche ed eventuali responsabilità. La morte del 59enne, però, ripropone un dato incontrovertibile: rispetto al 2024, il numero dei ciclisti uccisi lungo le strade italiane continua a crescere.

Nell’osservatorio in tempo reale dell’associazione Asaps-Sapidata (Associazione Sostenitori e Amici della polizia stradale) risultano 133 decessi tra i ciclisti al 31 luglio122 uomini e 11 donne. Un tasso di mortalità superiore rispetto alla media europea. Prima del 59enne palermitano, era toccato a tre ciclisti di Terlizzi, in Puglia – Sandro Abruzzese, Vincenzo Mantovani e Antonio Porro – anche loro travolti da una macchina guidata da un giovane. Sul totale dei decessi, 12 sono stati provocati da pirati della strada che, dopo aver investito, sono fuggiti senza prestare soccorso. Il bilancio mensile è drammatico: 12 morti a gennaio, 15 a febbraio, 14 a marzo e 19 ad aprile. Maggio ha registrato 25 vittime, il dato più alto degli ultimi anni. A giugno i decessi sono stati 21, mentre a luglio se ne contano 19. Il mese di agosto si è aperto nel peggiore dei modi: otto ciclisti uccisi nei soli primi otto giorni, la media di un morto ogni 24 ore.

Per quanto riguarda le regioni, in testa c’è la Lombardia con 33 morti, poi l’Emilia Romagna con 23, seguite dal Veneto con 16. In Sicilia i morti sono stati otto, come in Puglia e nel Lazio. L’Isola si colloca così come quinta regione in Italia per numero di morti. Cifre in cui l’osservatorio Asaps-Sapidata considera anche i decessi avvenuti oltre i 30 giorni dal sinistro, come quello di Loris Roditi, bambino di 9 anni deceduto dopo oltre un mese a Gela. Roditi, la sera del 30 gennaio, viene investito nel quartiere Settefarine: l’auto, con a bordo due giovani, travolge le bici su cui viaggiavano lui e un suo compagno, sbattendoli con violenza sull’asfalto. I due si stavano recando a un allenamento di calcio.

L’Asaps ha attivato un sistema di geolocalizzazione dedicato ai sinistri mortali che coinvolgono ciclisti. Per rendere il fenomeno più visibile e tracciabile, permettendo un monitoraggio puntuale dei luoghi e delle dinamiche degli incidenti. Oltre ai sinistri di Palermo e Gela, è possibile visionare i punti dell’Isola in cui sono morti gli altri ciclisti nel 2025. Tra loro, per esempio, Orazio Grasso, panettiere 59enne di Fiumefreddo di Sicilia, investito da una macchina sulla strada statale 114. C’è anche Gianluca Chianetta, ciclista siracusano di 51 anni, deceduto dopo essere stato travolto da un’auto sulla strada provinciale Ferla-Sortino, in provincia di Siracusa. A fine gennaio è morto Giuseppe Riera, 73enne augustano investito lo scorso 14 novembre 2024 sul tratto iniziale della strada provinciale 3 Augusta-Villasmundo. Dopo alcuni giorni di agonia, a inizio febbraio, è morto il 51enne Angelo Puccio. L’uomo era stato sottoposto a due interventi chirurgici, dopo essere stato travolto da un’auto mentre era in sella alla sua bici. La vettura l’avrebbe toccato sulla ruota posteriore.

E proprio ieri è stata resa pubblica, tramite un post su Facebook, una vicenda che ha avuto come protagonista un appassionato di ciclismo residente in provincia di Catania. «Un automobilista fuori di sé mi ha inseguito per chilometri tentando di farmi cadere, senza alcun motivo – si legge nel post di Antonio D’Amico – La polizia è intervenuta subito, fermandolo e restando accanto a me fino a quando mi sono sentito al sicuro. In bicicletta siamo vulnerabili, nessuna rabbia può giustificare certi comportamenti».


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