«Emir, ¿sabés qué jugador hubiese sido yo si no hubiese tomado cocaína? ¡Qué jugador nos perdimos! Me queda el mal sabor de boca que hubiese sido mucho más de lo que soy…» (trad.: Emir, sai che giocatore sarei stato se non avessi assunto cocaina? Che giocatore ci siamo persi! Ho l’amaro in bocca perché sarei […]
Foto di Vinod Divakaran
La morte di Maradona: al via il processo per l’omicidio del Pibe de oro
«Emir, ¿sabés qué jugador hubiese sido yo si no hubiese tomado cocaína? ¡Qué jugador nos perdimos! Me queda el mal sabor de boca que hubiese sido mucho más de lo que soy…» (trad.: Emir, sai che giocatore sarei stato se non avessi assunto cocaina? Che giocatore ci siamo persi! Ho l’amaro in bocca perché sarei stato molto più di quello che sono…).
In queste parole, rivolte al regista del docu-film Maradona by Kusturica, c’è tutto il rimpianto e l’amarezza di un uomo che, forse, già presagiva la sua fine prematura. Diego Armando Maradona si è spento infatti il 25 novembre 2020, a soli 60 anni, a seguito di una crisi cardio-respiratoria sopravvenuta dopo un intervento neurochirurgico per un ematoma alla testa, presso la residenza argentina dove era convalescente. Ma anche dopo la sua morte, cebollita, come lo chiamavano i compagni di squadra dell’Argentinos Juniors, continua a far parlare di sé. Lo scorso 11 marzo ha infatti avuto inizio, presso il Tribunale di San Isidro, nell’area metropolitana di Buenos Aires il processo per la sua morte, a seguito di un’indagine, avviata nel 2021, che aveva concluso che il team medico avesse agito in modo «improprio, sproporzionato e sconsiderato». Il processo è iniziato intorno alle 10.45 ora locale, in una piccola aula al primo piano del Tribunale, dove i sette sanitari si sono incontrati faccia a faccia con i familiari della stella del calcio.
Gli imputati, accusati di omicidio con dolo eventuale – non avevano, cioè, presumibilmente intenzione di uccidere Maradona, ma erano consapevoli che le loro azioni od omissioni avrebbero potuto portare a questo risultato – rischiano pene detentive che vanno dagli 8 ai 25 anni e sono: il neurochirurgo Leopoldo Luque, 43 anni, uno dei medici di famiglia che aveva insistito per le cure domiciliari; la psichiatra Agustina Cosachov, 40 anni, che non avrebbe somministrato correttamente i farmaci e ne avrebbe ignorato gli effetti collaterali, oltre ad aver dichiarato in un certificato e in una cartella clinica che l’ex star fosse in buona salute mentale, senza averlo mai visitato (circostanza per la quale verrà accusa di falso ideologico). Coinvolti anche l’infermiere Ricardo Omar Almirón e il suo responsabile Mariano Perroni; il medico Pedro Pablo Di Spagna, anche lui coinvolto nelle cure; il medico coordinatore della gestione dell’assistenza domiciliare, Nancy Edith Forlini, e lo psicologo Carlos Díaz. L’infermiera Dahiana Gisela Madrid, ha invece richiesto un processo con giuria e sarà processata in un procedimento separato, che si terrà nella seconda metà dell’anno, una volta concluso il processo principale.
Per sostenere le accuse, i procuratori Patricio Ferrari e Cosme Iribarren si basano non solo sul fatto che la stanza e la casa in cui alloggiava Maradona non fossero minimamente adatte al ricovero domiciliare, ma soprattutto sulle chat scambiate tra i medici, in cui venivano espressi messaggi come «sta per morire», «aggiustiamo la sua cartella clinica» o «potremmo perdere la patente e finire in prigione». Vale a dire, secondo l’accusa, gli imputati erano perfettamente consapevoli di cosa sarebbe successo e non hanno fatto nulla per cambiare rotta. In via subordinata – ove cioè non venisse accolta la tesi su cui si fonda l’accusa principale di omicidio con dolo eventuale – e sapendo che si tratta di una figura poco utilizzata, l’accusa richiede che gli imputati vengano condannati per abbandono di persona, che prevede una pena fino a sei anni, ed omicidio colposo, fino ad un massimo di cinque anni. Secondo il pubblico ministero Patricio Ferrari, gli imputati avrebbero lasciato Maradona «in uno stato di impotenza» e «abbandonato a sé stesso» in una casa con assistenza medica privata, anziché in un ospedale, «venendo meno a tutti i loro doveri». Durante l’udienza, lo stesso procuratore ha poi mostrato alla Corte una fotografia inedita del campione del mondo costretto a letto, intubato e con il corpo gonfio. La foto sarebbe stata scattata il 25 novembre 2020, lo stesso giorno della morte dell’ex calciatore, ma Ferrari non ha chiarito se si tratti dell’ultima immagine della star in vita o di pochi istanti dopo la sua morte.
Cinque gli avvocati che rappresentano la famiglia. Da una parte, Dalma e Giannina sono rappresentate da Fernando Burlando, poi c’è Dieguito Fernando rappresentato da Mario Baudry, Jana rappresentata da Felix Linfante, Diego Junior da Luis Rey Ramírez e le sorelle di Diego, rappresentate da Matías Jurado. Tutti chiedono la condanna alla pena massima; inoltre, Burlando e Baudry avevano accusato anche l’avvocato di Diego, Matías Morla, ma la loro richiesta alla fine è stata respinta. L’avvocato Fernando Burlando ha affermato che la leggenda del calcio «è stata assassinata» attraverso «un piano disumano» e che «il ricovero domiciliare è stato un modo per condannarlo a morte (…) attuato contro ogni buon senso, ingannando la famiglia e senza l’espresso consenso del paziente, che in nessun momento ha espresso la propria volontà di non essere curato in un centro medico». La difesa degli imputati è divisa. Mentre gli avvocati del neurochirurgo Luque e dello psichiatra Cosachov chiedono l’assoluzione per i propri assistiti, i difensori degli altri imputati puntano il dito contro di loro e prendono le distanze da quanto effettivamente avvenuto. L’avvocato Rodolfo Bacqué, che rappresenta l’infermiere Ricardo Almirón, ha infatti sostenuto che, se ci fosse responsabilità penale per la morte di Maradona, questa debba ricadere unicamente su Luque e Cosachov e «non sugli infermieri e su coloro che svolgevano mansioni amministrative o gestionali».
La difesa proverà a sostenere che i professionisti hanno fatto tutto il possibile per far guarire Diego dalle dipendenze e dalle varie patologie, nonostante le difficoltà derivanti dal fatto che il campione fosse assolutamente ingestibile. Inoltre, essendo Maradona morto di infarto e non avendo una storia clinica legata a patologie cardiache, si tratterebbe di un evento inaspettato ed imprevedibile. Tuttavia, esiste un parere del consiglio medico composto da 22 professionisti, che durante la fase di indagine ha riscontrato negligenza, quindi è probabile che, nel corso del dibattito, inizieranno a pensare a una strategia difensiva diversa. Inoltre, al di là del parere della commissione medica, esiste un altro fatto che è impossibile ignorare: quando è stato dimesso dalla clinica Olivos, il direttore della struttura ha dichiarato che Maradona avrebbe dovuto essere ricoverato in un centro per tossicodipendenti e che le sue dimissioni erano sotto la sola responsabilità di Luque e del suo team. Ma Diego non fu ricoverato in alcun centro, bensì in una casa del country club di San Andrés, con l’autorizzazione delle figlie Dalma e Giannina, circostanza che verrà usata per sostenere che fosse stata la stessa famiglia a prendere quella decisione. Il processo è appena iniziato e si stima che ci saranno due o tre udienze a settimana e, dato l’elevato numero di testimoni, durerà almeno quattro o cinque mesi. Ai tre giudici – Verónica Di Tommaso, Maximiliano Savarino y Julieta Mackintach – il compito di decidere. A tutti noi, comunque vada, resta el mal sabor de boca per aver perso troppo presto una leggenda.