Monti non è un amico della Sicilia

Due giorni fa, sulla seconda pagina del Giornale di Sicilia, nella rubrica “Fatti e notizie” spaziava a tutto campo, a proposito della sanità in Sicilia, la diatriba, con botta e risposta, tra l’assessore regionale al ramo, Massimo Russo, e l’editorialista Nino Sunseri.

Il primo, con una lettera indirizzata al direttore del giornale Giovanni Pepi, contestava al Sunseri le affermazioni denigratorie dallo stesso enunciate precedentemente sul giornale a proposito della gestione della sanità in Sicilia, controbattendo che, in questo settore, è stato avviato nell’Isola un percorso virtuoso e le cifre del 2011 lo confermano. Il secondo, dal canto suo, proponeva di indirizzare la lettera di Russo al premier Mario Monti essendo in grado all’occorrenza, a suo dire, di fornire sia l’indirizzo di Roma sia quello di Milano e dimostrando con ciò di essere decisamente di casa e molto in intimità (tra banchieri ed economisti che parlano la stessa lingua può succedere) con il nostro Presidente del Consiglio.

Il buon Sunseri si fa poi una domanda, ossia per quale ragione Palazzo Chigi si ostina a inserire la Sicilia tra le amministrazioni scarsamente virtuose per cui, tre settimane fa, Mario Monti ha convocato a Roma Raffaele Lombardo al fine di essere rassicurato sul pericolo di default della Regione siciliana sotto la minaccia di un eventuale “incostituzionale” commissariamento della stessa. Un intervento, a suo dire, che non ha precedenti nella storia della Repubblica Italiana. Ed è proprio per questo che la gravità del fatto dovrebbe preoccupare da siciliano l’illustre editorialista.

Molte sono in Italia le regioni scarsamente virtuose, eppure non ci risulta che il buon Monti si sia preoccupato di intervenire così pesantemente come è avvenuto nei confronti della Sicilia con la minaccia di un eventuale incostituzionale commissariamento. Se il buon Monti dimostra di saperne di economia come ha dimostrato di saperne di diritto costituzionale dovremmo, a questo punto, come italiani e non solamente come siciliani, cominciare seriamente a preoccuparci.

La verità è che le voci fuori dal coro, come nel caso della Sicilia, vanno punite, zittite e represse ed è questo il reiterato tentativo e il disegno ostentato del governo Monti nei confronti della Sicilia. Ed a questo punto farebbe bene Nino Sunseri, da sperimentato economista, a riflettere se il ruolo di Mario Monti sia quello del salvatore del nostro Paese come ama definirsi nei suoi, sempre più ricorrenti, deliri di onnipotenza, o quello più verosimilmente di salvatore e mallevadore delle banche e della finanza nazionale ed internazionale.

Di questo, da buon economista ed esperto di finanza, se ne faccia una ragione. Si faccia una ragione che la globalizzazione ha prodotto un mostro, il turbocapitalismo finanziario, predatore e corsaro che come un vortice tutto travolge e risucchia e che sta creando povertà, facendo pagare sempre più ai poveri e al Mezzogiorno del Paese le conseguenze della crisi, e che renderà i popoli sempre più impoveriti da burocrazie tecnocratiche e bancocentriche e dominati da una nomenclatura senza anima e senza cuore che caratterizza il nostro governo e governa per conto di un potere invisibile. Di tutto questo, caro Sunseri, se ne faccia una ragione. Si faccia una ragione che in Grecia ed in Italia si stanno sperimentando governi tecnici con sistemi coercitivi e di manipolazioni senza precedenti.

Oggi stiamo vivendo una fase di eclissi della democrazia, di perdita della sovranità nazionale, monetaria e popolare, in cui un pugno di oligarchi esercita un dominio irrazionale, illimitato, prevaricatore e odioso. Questa è la dittatura dei banchieri. E di questa dittatura in Italia è stato chiamato ad esserne garante e mallevadore e ancor più funzionale ad un contesto ed a un disegno internazionale Mario Monti e il suo governo.

Non rendersi conto di tutto ciò è come avere il prosciutto agli occhi e come siciliani essere solidali e condiscendenti a Monti e alle sue politiche significa continuare ad essere ‘ascari’ e servili ad un potere centrale che per 150 anni ha affamato e depredato la Sicilia.

 


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