Mineo, l’ex senatore del Pd candidato con La Sinistra «Chi sta coi dem sbaglia, finirà a fare la foglia di fico»

Corradino Mineo è candidato nella circoscrizione Isole per la lista La Sinistra come capolista. Dal 2006 al 2013 è stato direttore della rete televisa all-news Rainews24. Poi è stato eletto al Senato con il Partito democratico. Nel dicembre del 2014, però, è l’unico senatore del Pd a negare la fiducia sul Job Act e, l’anno successivo, dopo avere votato contro la riforma costituzionale, lascia il Partito democratico e aderisce al gruppo misto Sinistra Italiana – Sinistra ecologia e libertà. Salta il giro delle elezioni politiche del 2018, adesso corre per l’Europarlamento di Bruxelles.

Quali saranno i temi e le battaglie che La Sinistra porterà avanti in Europa?
«Le nostre battaglie si possono riassumere in tre punti: l’idea di un’Europa solidale contro tutte le disuguaglianze da attuare con una politica fiscale che permetta di rilanciare il welfare e di ritrovare il valore del lavoro che alcune politiche passate e presenti hanno vanificato. Altro punto fondamentale è il Green new deal, un nuovo corso di riconversione sostenibile dell’economia. Per fare un esempio, non basta che ci siano le auto elettriche se poi l’energia viene prodotta con carbone ed energie fossili, perché così il saldo finale dell’inquinamento non sarebbe minore. Non è solo questione di fare attenzione all’ecologia, ma bisogna cambiare il sistema produttivo, come dice la giovane attivista svedese Greta Thunberg. Poi porteremo avanti la nostra battaglie contro le guerre avendo come protagoniste le quattro donne su cinque che sono le nostre capolista». 

Queste battaglie in Europa insieme a chi le porterete avanti? 
«Io penso che la vera novità della nostra lista è di non ritagliarsi uno spazio identitario tra i vari movimenti, ma si propone semplicemente di fare politica. Nostri alleati in Europa sono Unidos podemos in Spagna; Tsipras in Grecia che, nonostante l’Europa e le banche abbiano cercato di strozzare, resta ancora in piedi; i laburisti britannici e anche la Linke che, pur essendo considerata una lista minoritaria in Europa, governa Berlino». 

All’indomani del 26 maggio, ci sarà l’ondata sovranista che molti temono (e altri sperano)? 
«Quando penso a Matteo Salvini, Marine Le Pen e Donald Trump non amo definirli né populisti né sovranisti, bensì un ritorno del nazionalismo che è il nostro principale avversario. In ogni caso, non credo che in Italia la Lega avrà i risultati che alcuni sondaggi hanno preventivato, tanto che le prime delusioni sono già state raccolte nei ballottaggi delle elezioni amministrative in Sicilia. La domanda però che dobbiamo porci è: come si fa a contrastare questa avanzata e a strappare i Cinquestelle da questo governo, in cui sono subalterni a Salvini, se il programma del Pd resta quello di Renzi? Il partito democratico, in pratica, ha cambiato il segretario ma non le idee». 

Nell’ottica di questo possibile scenario, ha senso per la sinistra continuare a dividersi o sarebbe meglio stare insieme contro il sovranismo?
«Francamente, credo ci siano dei Paesi dove ha senso ripararsi sotto un unico tetto, come in America dove c’è una grande tradizione del Partito democratico. Da noi, però, non esiste un partito che affondi in una tradizione radicata, ma si parla di un partito nuovista che ha legami molto scarsi con la società e da essa non riesce a trarre la linfa necessaria».

Adesso che Matteo Renzi ha lascito il posto a Nicola Zingaretti, lei ha intenzioni di riavvicinarsi al Partito democratico come ha fatto anche il medico di Lampedusa Pietro Bartolo
«È il Pd che deve prendere la strada di Pedro Sanchéz (presidente socialista della Spagna, ndr). Anche perché su certe posizioni in Europa sono rimasti solo il Pd e Emmanuel Macron (presidente della Repubblica francese, ndr) che ha utilizzato pesantemente la polizia per la questione dei gilet gialli. Tutte le altre realtà guardano e vanno a sinistra che, ovunque, ha intrapreso la strada per tornare a valori tradizionali. Solo in Francia e Italia non è così. Quindi devono essere loro a ritrovare quella strada senza cui vanno alla sconfitta. Io, in pratica, ho fatto il percorso esattamente opposto rispetto a quello di Bartolo: sono stato eletto al Senato con il Pd e ho potuto verificare quanto fossero indietro. Al punto che ho deciso di rompere con loro quando dissi al direttivo che era inaccettabile avere come principale interlocutore la Sicindustria di Antonello Montante. Per tutta risposta Rosario Crocetta mi disse che ero “il killer venuto dall’est”. Adesso, però la storia mi ha dato ragione con la condanna a 14 anni per l’ex numero uno di Confindustria in Sicilia. Piuttosto, vorrei chiedere a Bartolo, che stimo, che ci sta a fare là?».

Cosa pensa di coloro che sono vicini alle politiche di sinistra, ma stanno appoggiando Bartolo nel Pd? Le faccio un nome: Claudio Fava.
«Fava è stato eletto dalle stesse forze che sostengono La Sinistra, ma adesso ha deciso di scegliere un altro profilo. Vedremo se la scelta giusta è la sua o la mia, io temo per lui che sia la mia. Se uno sta bloccato intorno al Pd fa la foglia di fico. Bartolo è una persona per bene, ma come fa a dire che bisogna salvare le persone in mare mentre il suo partito non dice che gli accordi con i libici sono stati fatti quando ministro dell’Interno era Marco Minniti? Braccia aperte se si va nella direzione utile a battere i nazionalismi, ma io non faccio la foglia di fico». 

L’attuale ondata neofascista in Italia è un pericolo reale? Oppure c’è sempre stata, solo che adesso le idee cominciano a essere tollerate da gruppi più ampi e legittimati? 
«Certe idee sono stata sdoganate. Ed è il nazionalismo che scatena sempre questi umori e questi pericoli. Mi viene in mente Salvini che esce con il cartello “prima l’Italia” o che evidenzia come il problema sia l’invasione di neri e rom. L’assonanza è al primo manifesto con cui Adolf Hitler andò a guadagnare le elezioni del 1933: “Ci sono in Germania 5 milioni di disoccupati e 5 milioni di ebrei di troppo”. Queste cose ritornano ciclicamente se ritorna il nazionalismo. Salvini comunque non è fascista, semplicemente scimmiotta il fascismo perché gli serve e coccola Forza nuova e Casa pound in maniera funzionale. Il punto è che questo atteggiamento dovrebbe essere proibito, perché in Italia l’unico partito che non si può rifondare per la nostra costituzione è quello fascista: non perché siamo anti-fascisti ma perché in Italia abbiamo già dato con disastri enormi come le leggi razziali». 


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