È un’atmosfera di scompiglio, quasi, quella che si respira per ora in corso Tukory. È lì, al civico 182, pochi metri prima della deviazione che porta alla stazione centrale che si trova la gioielleria Mineo, riconducibile a Settimo Mineo, tra gli arrestati nel blitz di questa mattina, Cupola 2.0. Descritto dagli inquirenti non solo come il capo del mandamento di Pagliarelli, tra i più potenti di Palermo a sentire i magistrati, ma addirittura come l’erede di Totò Riina, per la maggior parte dei commercianti che condividono lo stesso marciapiede c’è parecchia incredulità. «Appena ho letto il suo nome stamattina sui giornali sono rimasto scioccato», dice subito un dipendente di Eurobet, l’agenzia di scommesse a tre civici di distanza dal negozio di preziosi. «Veniva in chiesa con me la domenica, lo incontravo spesso. Una persona normalissima», ribadisce a più riprese.
«Dicono che era l’erede di Totò Riina addirittura, a me pareva cchiù bonu ru pani – insiste il dipendente -. Ogni tanto parlavamo, era una persona tranquilla, ormai alla sua età non stava neanche più in negozio, ma capitava di vederlo qua». Negozio che, passando dalla via, sembra quasi presidiato dai carabinieri. Una saracinesca questa mattina è rimasta chiusa, l’altra invece, quella che scopre la porta d’ingresso, è tutta sollevata. Ed è qui che stazionano fissi i militari, per evitare che qualcuno possa entrare in negozio, dove ci sono alcuni parenti di Mineo. «Sembrava proprio un bravo cristianu, per essere l’erede del capo dei capi non dovresti essere cattivo? – si domanda ancora il vicino di negozio – Ecco, lui non lo era, ancora ci penso e rimango scioccato. Sono parole forti quelle diffuse dalla magistratura per descriverlo, ma ripeto, era un anziano molto tranquillo e normale, io ho sempre visto questo».
Identico lo stupore dei commercianti delle attività a seguire, scendendo lungo corso Tukory. «Onestamente mi sembra che l’abbiano sparata troppo grossa stavolta», azzarda un dipendente del bar a fianco alla gioielleria. Che aggiusta subito il tiro: «Certo, avranno fatto delle indagini, lo stanno descrivendo come il padrino che avrebbe avuto in mano tutto, l’erede di Riina, ma a sentire il suo nome, Settimo Mineo, uno in realtà pensa subito “ma cu è”? Chi lo ha sentito mai questo nome? È un signore di 80 anni, un pensionato, passava di qua ogni tanto, si vedeva in giro, niente di più». Non tutti, però, sono disposti a condividere ricordi e aneddoti dell’arzillo anziano colpito dall’operazione antimafia della Dda palermitana. «Attenetevi a quello che vi dicono i carabinieri, non chiedete in giro alla gente», commenta con fare seccato un avventore di una polleria vicina, nei pressi della quale un capannello di gente osserva confabulando il via vai di militari dalla gioielleria, poco distante. «Come al solito si esagera, diciamo così», si lascia però sfuggire alla fine.
Ma basta attraversare la strada ed entrare dentro a un negozio nel marciapiede opposto per raccogliere un ritratto piuttosto diverso di Settimo Mineo. «Ma qual è a novità?», dice subito infatti il dipendente di un’orologeria. «Stamattina sono tutti increduli di fronte al nome di Mineo nelle cronache del blitz, tutti caduti dalle nuvole, ma non c’è nessuna novità, in realtà è una cosa vecchia». Alludendo ai precedenti giudiziari dell’80enne, già arrestato in passato per mafia. «È che banalmente chi sta qua o lavora qua deve guadagnarsi il pane. Ma davvero, non si può non sapere dei suoi trascorsi, dei precedenti per mafia, degli arresti passati. Gli altri forse parlano in un certo modo perché hanno paura, hanno famiglia, figli, molti negozi sono proprio accanto alla gioielleria – osserva l’uomo -. Lo stesso locale che si trova a fianco, dove oggi ha sede la Cav (centro aiuto alla vita), è un bene confiscato a lui, a Settimo Mineo, quindi novità non ce n’è proprio».
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