Si chiama John Ogais, ma era conosciuto come Rambo, il 25enne nigeriano accusato dalla Direzione distrettuale antimafia di essere uno dei trafficanti di uomini, che gestivano i viaggi tra la Libia e la Sicilia. Ogais è stato fermato dalla polizia all’interno del Cara di Isola Capo Rizzuto, in Calabria, con l’accusa di omicidio, sequestro di persona e violenza sessuale. A condurre l’inchiesta sono state le Squadre mobili di Agrigento e Crotone e dallo Sco, sotto il coordinamento dei magistrati palermitani Francesco Lo Voi, Gery Ferrara e Giorgia Spiri.
Le testimonianze su quanto accaduto nei luoghi dove i migranti subivano nel luogo di detenzione sono arrivate da una delle vittime. «Durante la mia permanenza all’interno di quel ghetto da dove era impossibile uscire ho sentito che l’uomo che si faceva chiamare Rambo ha ucciso un migrante – ha raccontato agli inquirenti -. So che mio cugino e altri hanno provato a scappare e che sono stati ripresi e ridotti in fin di vita, a causa delle sevizie cui sono stati poi sottoposti». La vittima ha parlato di vere e proprie torture. «Sono stato torturato con i cavetti elettrici in tensione – ha continuato -. Mi facevano mettere i piedi per terra dove precedentemente avevano versato dell’acqua. Poi azionavano la corrente elettrica per fare scaricare la tensione addosso a me. Questo avveniva circa due volte alla settimana. Alcune volte mi picchiavano, in varie parti del corpo, con dei tubi. Alcune volte mi legavano le braccia e poi mi appendevano in aria, per picchiarmi violentemente».
Tra le esperienze vissute anche quella di avere assistito a più di un omicidio. «Una volta ho avuto modo di vedere che Rambo ha ucciso, dopo averlo imbavagliato e torturato a lungo, un migrante suo connazionale», ha rivelato il testimone. E in un altro caso: «Ho assistito personalmente al pestaggio sino alla morte di due persone, un nigeriano minorenne e un altro uomo, anch’esso nigeriano ucciso da Rambo davanti al fratello della vittima. Nello stesso momento dell’omicidio – ha specificato – Rambo minacciava armato di pistola, il fratello della vittima, di non raccontare nulla alla famiglia e di farsi mandare immediatamente i soldi».
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