«Le guardie carcerarie uccidono la gente e la gettano in una buca. Chiudono la buca soltanto quando è piena di corpi». È il racconto di un migrante salvato domenica scorsa dalla nave Aquarius della Ong internazionale Sos Mediterranée. A descrivere le torture a cui sarebbero sottoposti coloro che attendono di partire per l’Europa è stato un camerunense di circa 20 anni. «Tutte le persone che vedete qui – ha detto facendo riferimento agli altri sopravvissuti – sono passate attraverso tante prove, sono morte dentro da molto tempo, anche le loro famiglie devono credere che siano morti. Oggi è come una resurrezione».
Protagonisti delle violenze, stando al resoconto, sarebbero le guardie libiche. «I libici ci hanno picchiato tutto il tempo, senza motivo. Ci hanno messo in prigione senza motivo», ha continuato aggiungendo di avere assistito a una scena in cui un prigioniero sarebbe stato appeso a testa in giù e colpito «come se fosse una palla».
Sulla scia di questi racconti, la Ong lancia l’ennesimo appello all’Unione europea, affinché non riduca le proprie responsabilità nel Mediterraneo. Il riferimento va agli accordi che sono stati fatti con la guardia costiera libica per il controllo dei propri confini territoriali e il contrasto all’attività dei trafficanti. Secondo molti, infatti, le autorità libiche al momento non sarebbero un interlocutore all’altezza per la gestione della situazione. «La prima cosa che raccontano i naufraghi quando arrivano a bordo non è il trauma del viaggio in mare – spiega la vicepresidente di Sos Mediterranée Sophie Beau -. Quello che evocano, prima di tutto, è l’inferno libico: sequestri di persona, stupri, estorsioni di riscatto sotto tortura, abusi e umiliazioni, il lavoro forzato, i mercati di schiavi».
L’organizzazione non governativa all’alba di ieri ha soccorso 116 persone che viaggiavano a bordo di un gommone. Poco dopo è stata la ong spagnola Proactiva Open Arms a salvare altre 135 persone. Il personale medico di Medici senza frontiere, che collabora con Sos Mediterranée, ha curato i migranti trattando i casi di disidratazione, lesioni e possibili ustioni dovute al contatto con la benzina.
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