Un cadavere gettato in mare e dilaniato dagli squali che seguivano il gommone. E’ l’ultima, straziante testimonianza, di alcuni migranti salvati dai mezzi di soccorso italiani e giunti ieri in Italia. Sulla base del racconto, la polizia di Stato, che ha arrestato il presunto scafista di quel viaggio – si tratta di un uomo originario della Guinea -, contesta al trafficante anche il reato di omicidio, oltre a quello di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Secondo quanto hanno riferito alcune persone presenti sul natante, l’uomo è deceduto per aver esalato della benzina che si era rovesciata a causa del mare mosso. La salma sarebbe stata gettata tra le onde e sarebbe diventata pasto per gli squali sotto gli occhi degli altri migranti. Una decisione che sarebbe stata a lungo dibattuta dagli stessi migranti: alcuni, per paura degli squali che seguivano il gommone, hanno proposto di gettare in mare il corpo del loro compagno di viaggio per allontanare gli animali. E alla fine le cose sarebbero proprio andate così: il cadavere è stato fatto scivolare in mare e il branco si è allontanato dal natante.
Con quest’ultimo caso salgono a undici le vittime accertate negli ultimi due giorni tra i migranti che provano ad attraversare il Canale di Sicilia. Nove corpi sono stati recuperati dalla Guardia Costiera a circa 80 miglia dalle coste della Libia, nell’area dove si è capovolto un barcone; una decima vittima è stata recuperata ieri su uno dei tanti gommoni raggiunti dai mezzi di soccorso. Ieri, nella tarda serata, è giunta al porto di Trapani la motovedetta della Guardia Costiera che ha trasportato i cadaveri di nove migranti: sette saranno trasferiti nell’obitorio del cimitero di Trapani, altri due in quello dell’ospedale Sant’Antonio Abate del capoluogo.
Sempre durante la notte a Palermo è approdata una nave della guardia costiera che ha raccolto circa 1200 disperati – in gran parte siriani, somali ed eritrei – in diversi interventi di soccorso. Mentre i 321 arrivati ieri a Catania sono stati tutti trasferiti al Cara di Mineo.
Sono gli ultimi interventi di una tre giorni di fuoco sul versante dei soccorsi. Nelle ultime 48 ore si sono contati una trentina di interventi di soccorso da parte dei mezzi italiani e di quelli Frontex impegnati nell’operazione Triton. In totale quasi settemila persone salvate.
Ma sono molti quelli che non ce la fanno. Da gennaio a marzo i morti sono stati già 500, secondo le stime dell’Unhcr (l’alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite), trenta volte in più rispetto allo stesso periodo del 2014, quando era in vigore l’operazione italiana Mare Nostrum, sostituita alla fine dell’anno scorso con l’europea Triton. In questi primi tre mesi e mezzo del 2015 gli arrivi hanno superato quota 16mila, numero superiore a quello dello stesso periodo del 2014, anno record alla fine del quale si sono contati 170mila sbarcati. Diminuiscono i migranti provenienti dalla Siria, aumentano quelli dall’Africa subsahariana.
L’accoglienza, però, nonostante il piano messo a punto dal ministero dell’Interno che prevedeva il coinvolgimento di tutte le regioni italiane, resta in gran parte a carico delle regioni del Sud. Le presenze dei migranti sono concentrate per il 50 per cento nei centri di Puglia, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia, con quest’ultima a reggere il peso maggiore. «Se tutti i Comuni collaborassero – aveva detto pochi giorni fa Mario Morcone, capo pipartimento immigrazione del Viminale – si tratterebbe di destinare poche persone a ciascun Comune, con un impatto sociale modesto».
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