Miccichè eletto grazie a sei deputati del centrosinistra Accordi personali, forse in vista delle altre cariche all’Ars

Sono stati 39 i voti a favore del commissario di Forza Italia Gianfranco Micciche, incoronato oggi presidente dell’Ars. Ne ha ottenuti quattro in più della disponibilità di cartello della maggioranza, tenuto conto dell’assenza forzata del deputato Gennuso che per un grave lutto familiare è stato assente anche ieri. Da dove sono arrivati i voti in favore di Miccichè? Non solo dalla sua maggioranza e lo dimostra il fatto che hanno votato per lui apertamente i due deputati di Sicilia Futura Nicola D’Agostino ed Edy Tamajo che hanno pubblicamente ammesso il loro assist nei confronti del candidato azzurro. «Abbiamo votato per il presidente dell’Ars, di un’istituzione – ha provato a spiegare D’Agostino ai giornalisti – non è stata una presa di posizione politica, ma un gesto di responsabilità». E certamente dal Pd, considerato che il candidato civetta dei democratici Nello Di Pasquale ha riportato solo sette voti su undici parlamentari dem.

L’altra domanda è: quanti deputati del centrodestra non hanno votato per Miccichè? L’aritmetica dice che ci sono stati due franchi tiratori nel centrodestra , che avevano manifestato mal di pancia già ieri alla prima votazione. Voci insistenti parlano di Tony Rizzotto, deputato di Noi con Salvini, che aveva già ricevuto indicazioni dal suo movimento di discostarsi dalla maggioranza, dopo l’esclusione della Lega dalla giunta. L’altro potrebbe essere Vincenzo Figuccia, assessore all’Energia, per i suoi rapporti personali non idilliaci con Miccichè, che lo hanno portato a transitare nell’Udc alla fine della scorsa legislatura. Ma si pensa anche a Riccardo Savona, anch’egli non entusiasta del commissario azzurro.

Va tenuto presente che il Movimento 5 stelle ha tenuto compatti i 20 voti del loro gruppo andati tutti a Margerita La Rocca Ruvolo, scelta come autorevole rappresentante nel centrodestra. Le trattative sul nome di La Rocca Ruvolo avevano un doppio significato, quello di scompaginare la maggioranza e cercare di far disperdere i voti, oppure innescare un’azione di disturbo che potesse davvero arrivare a competere con il nome, fino ieri incontrastato, di Miccichè: messi insieme i 20 voti dei grillini, con gli undici dem, sarebbero arrivati a 31, con l’eventuale adesione di Sicilia Futura 33 voti, più il voto di Fava 34 e si sarebbe contato sull’adesione di eventuali franchi tiratori. Il tentativo da parte delle opposizioni di far saltare la presidenza Miccichè c’è stato dunque ed è stato concreto. La trattativa alla fine non è andata in porto per il mancato accordo sulla distribuzione dei posti del consiglio di presidenza per i congiurati dell’opposizione.

Lo stesso tentativo, ma per isolare il M5s, era stato fatto tra la maggioranza di centrodestra e il Pd. Fallito anche questo. Alla fine chi ne è uscito con le ossa rotte sono stati i democratici: per ammissione dello stesso segretario Fausto Raciti. «Se il capo di Forza Italia in Sicilia oggi è presidente dell’Ars – sono le parole amare e dure – lo si deve a sei parlamentari eletti tra le fila del centrosinistra. Ora è chiaro perché la maggioranza riteneva di poter imporre le proprie condizioni alle forze di opposizione».

Gli fa eco Antonello Cracolici, che si candida anche per questa legislatura a guidare il gruppo parlamentare nel caso non gli venga assegnato nella prossima seduta un posto in consiglio di presidenza: «Ci sono stati quattro utili idioti nel Pd. Evidentemente qualcuno ha voluto fare il soccorritore di un vincitore preventivo ma alla fine questi quattro voti sono stati inutili, perché Micciché sarebbe riuscito a vincere lo stesso».

Raciti torna sulla sua richiesta di una trattativa istituzionale, non accetata dal centrodestra. «Sia il voto di ieri che quello di oggi hanno dimostrato che il centrodestra non era autosufficiente nel determinare l’elezione del presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana e che era dunque giusto chiedere un’intesa istituzionale che riconoscesse la dignità politica delle opposizioni, così come abbiamo ripetutamente chiesto alla maggioranza».

Alla fine il quadro che viene fuori è che sul nome di Miccichè l’aiutino è arrivato come frutto di convergenza personale, probabilmente in vista delle votazioni di lunedì per la definizione dell’ufficio di presidenza che governerà il Parlamento siciliano per i prossimi cinque anni. Cariche istituzionali certo, ma pur sempre a sfondo politico.


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