Messina Denaro: «Ho partecipato al sequestro ma non all’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo»

Il sequestro sì, l’omicidio no. Matteo Messina Denaro tenta di ridimensionare il suo ruolo nell’uccisione di Giuseppe Di Matteo, il ragazzo strangolato e sciolto nell’acido in un casolare nelle campagne di San Giuseppe Jato, nel Palermitano, l’11 gennaio del 1996 dopo anni di sequestro, a pochi giorni dal suo 15esimo compleanno. Il boss stragista ha provato a scaricare su Giovanni Brusca la responsabilità di avere ordinato l’omicidio del bambino. Messina Denaro, come riporta Live Sicilia, avrebbe ricostruito così la vicenda rispondendo alle domande del giudice per le indagini preliminari Alfredo Montalto. Giuseppe Di Matteo venne rapito quando aveva 12 anni, nel maneggio di Villabate (in provincia di Palermo), dove andava a cavallo, il 23 novembre del 1993.

Con il sequestro, la mafia voleva indurre il padre Santino Di Matteo, diventato collaboratore di giustizia, a ritrattare le sue rivelazioni. Nell’attesa di un ripensamento che non ci fu, Giuseppe venne trasferito da una prigione all’altra nelle province di Palermo, Trapani e Agrigento. La prima masseria nella quale fu portato nel bagagliaio di un’auto incappucciato, si trovava a Campobello di Mazara. La cittadina del Trapanese dove sono stati trovati anche i covi in cui Messina Denaro avrebbe trascorso gli ultimi dei suoi trent’anni di latitanza prima dell’arresto. Qui il ragazzino trascorse un periodo della sua prigionia nella casa di campagna di Giuseppe Costa, fedelissimo del boss Messina Denaro. Dopo un calvario di oltre due anni, l’11 gennaio del 1996 fu strangolato e sciolto nell’acido. Proprio da questo Messina Denaro ha preso ora le distanze. Quell’ordine, ha ripetuto, non partì da lui. 


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