Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere i coniugi Emanuele Bonafede e Lorena Lanceri, arrestati giovedì nell’ambito dell’inchiesta sui fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro. Davanti al giudice per le indagini preliminari di Palermo Alfredo Montalto, che è andato in carcere per interrogarli, marito e moglie – assistiti dagli avvocati Giuseppe e Clizia Ferro – hanno scelto di non parlare e rimanere in silenzio. Stando a quanto è stato ricostruito nel corso delle indagini, i due conoscevano l’ormai ex primula rossa di Cosa nostra da tempo. Tanto che, nel 2017, Messina Denaro è stato anche il padrino di cresima di loro figlio. Emanuele Bonafede è fratello di Andrea Bonafede e cugino di quell’altro Andrea Bonafede, il geometra che ha prestato l’identità a Messina Denaro nell’ultimo periodo dei suoi trent’anni di latitanza. Con la donna, che il boss stragista chiamava Diletta, ci sarebbe stata una fitta corrispondenza di lettere e pizzini pieni di stima e affetto. La loro casa di Campobello di Mazara (nel Trapanese), non distante dai covi scoperti, Messina Denaro l’avrebbe frequentata quasi quotidianamente per i pranzi e le cene prima prima di essere catturato alla clinica privata La Maddalena di Palermo, il 16 gennaio. Marito e moglie ora sono tra gli accusati per favoreggiamento e procurata inosservanza di pena, reati aggravati dall’agevolazione di Cosa nostra.
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