Un parto falso, un piccolo venduto e acquistato, la madre che, pentitasi, lo porta via. La storia si snoda tra Castell’Umberto, nel Messinese, e la Svizzera. A essere coinvolti - e destinatari delle misure cautelari - una decina di persone con vari ruoli
Messina, arrestata una coppia di coniugi 50enni Comprarono bimbo con un anticipo di 30mila euro
Un parto mai avvenuto, regolarmente denunciato, nel gennaio 2008, da una coppia di coniugi di Castell’Umberto, nel Messinese. Un bambino fantasma che vive tra la provincia di Messina e la Svizzera. Fino allo scorso anno, quando prende miracolosamente corpo, assumendo le sembianze di un ragazzino di 9 anni, realmente esistente e «regolarmente» comprato, con un anticipo di 30mila euro. Almeno fino a quando la vera madre non se ne pente, fuggendo insieme a lui. Un colpo di scena che dà il la a due piani alternativi: inscenare, questa volta, la morte del bambino mai nato o dargli nuove sembianze, quelle di un altro ragazzino. Stavolta di 8 anni e di origine romena. È questa la storia da film venuta a galla grazie alle indagini dei carabinieri del comando provinciale di Messina, che ha condotto all’applicazione, oggi, di dieci misure cautelari: tre arresti ai domiciliari e sette obblighi di dimora. A disporle, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Messina, Maria Militello.
Le accuse, a vario titolo, sono di riduzione in schiavitù, supposizione di stato (relativa all’attestazione di una falsa nascita), millantato credito, varie ipotesi di falso e violenza privata con l’aggravante del metodo mafioso. Le indagini, dirette dalla locale direzione distrettuale antimafia, per mezzo dei pubblici ministeri Maria Esmeralda Pellegrino e Liliana Todaro, e condotte dal nucleo investigativo dell’Arma di Messina, hanno portato alla luce il piano organizzato – questo afferma l’accusa – dai coniugi Calogero e Lorella Maria Conti Nibali, rispettivamente di 57 e 47 anni, al fine di appagare il proprio desiderio di genitorialità. A seguito di una serie di aborti e della nascita di una figlia affetta da gravi disabilità, i due, nel gennaio 2008, avrebbero inscenato la venuta al mondo di Carmelo Luca Conti Nibali. Un parto mai realmente avvenuto ma certificato e dichiarato all’ufficiale di Stato civile del Comune di Castell’Umberto. Ad aiutarli, nella produzione della documentazione, sarebbe stata la messinese 56enne Bianca Capillo, personaggio, secondo gli inquirenti, orbitante attorno al settore parasanitario.
Per quasi sette anni non accade altro. Se non che i coniugi, grazie al fatto di essere residenti in Svizzera – sono iscritti all’Aire (Anagrafe italiana residenti all’estero) – riescono a lasciare intendere, anche ai loro familiari oltre che alle istituzioni, l’esistenza di un figlio mai avuto. Un figlio che cresce, fa le vaccinazioni, muove i primi passi e va a scuola. Almeno questo è quanto sostengono gli inquirenti. Ad accendere i riflettori sulla vicenda, lo scorso novembre, sono le indagini su Maurizio Lucà, 43enne messinese, all’epoca in regime di semi libertà. Lucà sembra parli di un bambino. Lo chiamerebbe «coso», «cosetto», «pacchetto». Termini che insospettiscono i militari e che rivelerebbero il reperimento di un bambino della provincia di Messina destinato a dare un volto e una vita reale a Carmelo Luca Conti Nibali, sebbene sia di due anni più grande rispetto a quanto certifichi l’anagrafe di Castell’Umberto. A rendere possibile tutto ciò, sarebbe stata la solita Capillo, attraverso Pietro Sparacino, messinese di 49 anni, che si sarebbe rivolto allo stesso Lucà e a Sebastiano Russo, 40enne di Cardeto (in provincia di Reggio Calabria), con la complicità di un altro uomo, Ugo Ciampi.
I coniugi avrebbero versato alla vera madre un acconto di 30mila euro, facendolo trasferire in casa propria. Avrebbero anche provveduto a farsi rilasciare la carta d’identità del bimbo, con la faccia del piccolo in carne e ossa e le generalità di quello partorito solo per la burocrazia. Ma la madre del bambino, pentitasi del gesto, avrebbe portato via con sé il figlio, facendo perdere le proprie tracce e approfittando della partenza dei Conti Nibali per la Svizzera. Dove sembra che gestiscano dei locali e avrebbero dovuto prelevare le somme per saldare interamente il debito. Al loro ritorno, trovando la casa vuota, si sarebbero rivolti a un cognato, Vincenzo Nibali, 47enne di Patti, per recuperare almeno i 30mila euro già versati. Il parente li avrebbe messi in contatto con Aldo Galati Rando, 53enne di Tortorici, già noto alle forze dell’ordine e quindi in possesso del profilo necessario a condurre le ricerche. Per centrare il bersaglio, pare si rivolga a sua volta a Silvana Genovese, 48enne messinese, di Camaro, e a Placido Villari, quest’ultimo al momento ricercato. Loro sembra costringano Capillo e Sparacino a rivelare tutte le informazioni di cui sono in possesso.
Parallelamente, i Conti Nibali si troverebbero a dover fare i conti con l’esistenza della carta d’identità emessa pochi giorni prima. Per uscirne puliti, escogiterebbero due piani. Il primo è quello di trovare un altro bambino in sostituzione del precedente. L’espediente sarebbe di portarlo in Svizzera e farlo tornare dopo anni, così da giustificare la diversa fisionomia. Il piano B consisterebbe nella messa in scena di una finta morte, un finto funerale, programmato per il 10 gennaio scorso, e una finta tumulazione, nel cimitero di Castell’Umberto. Secondo gli investigatori, si affidano sempre a Capillo, dandole duemila euro, per produrre la falsa certificazione medica. La causa del decesso sarebbe una meningite altamente contagiosa, tale da giustificare la celere sepoltura.
Sembra che abbiano già proceduto anche all’acquisto della bara bianca quando, grazie al 46enne Franco Galati Rando, anch’egli di Tortorici, e a un esborso di 30mila euro – la coppia sarebbe decisamente benestante e nel tempo avrebbe sborsato, in Sicilia, per questa operazione, circa 150mila euro – riescono a trovare, sempre stando all’accusa, un altro «figlio». Stavolta romeno, di 8 anni. Così, la sera del 24 febbraio scorso, al momento dello sbarco del bambino a Messina, accompagnato pure dalla madre originaria e dal fratello maggiore, i carabinieri intervengono, procedendo a otto fermi, con l’accusa a vario titolo di riduzione in schiavitù e acquisto e alienazione di schiavi.
Nei giorni scorsi, il Tribunale del riesame ha proceduto alla scarcerazione del fratello maggiore, ritenuto estraneo alla vicenda, e alla riqualificazione dei fatti contestati nei reati di falsa attestazione a pubblico ufficiale sull’identità personale. Ha inoltre applicato ad alcuni indagati gli arresti domiciliari. Ad altri l’obbligo di dimora. Al momento è in corso l’appello davanti alla Cassazione. Oggi, ai domiciliari sono finiti i coniugi Conti Nibali e Bianca Capillo. Obbligo di dimora per Aldo Galati Rando, Silvana Genovese, Vincenzo Nibali, Maurizio Lucà, Pietro Sparacino e Sebastiano Russo.