Ventiquattro anni e sei mesi. È questa la condanna decisa dalla corte d’Assise di Trapani per Vincenzo Frasillo. Il 55enne accusato di avere picchiato la moglie Rosalia Garofalo, nel gennaio di due anni fa, fino a ucciderla nella loro villetta in via Calypso a Mazara del Vallo. Per l’uomo, che ha già alle spalle alcuni precedenti penali, il pubblico ministero al termine della sua lunga requisitoria aveva chiesto una condanna a ventotto anni di carcere. I giudici, invece, gli hanno riconosciuto la seminfermità mentale.
Ad avvisare i soccorsi era stato proprio il marito della casalinga 52enne il cui corpo venne trovato sul letto matrimoniale, con evidenti segni di percosse ed ecchimosi in tutto il corpo. Una violenza inaudita, poi una morte lenta, senza avere ricevuto alcuna assistenza. La donna morì – secondo quanto stabilito dall’autopsia – dopo tre giorni di agonia. Per gli investigatori, a scatenare la violenza di Frasillo fu «l’ossessione di essere tradito dalla moglie». Mesi prima di essere assassinata la donna, che da un paio di anni si muoveva e parlava a fatica in seguito a un’ischemia, aveva trovato il coraggio di denunciare le violenze subite dal marito. Dopo trent’anni di matrimonio, aiutata dai servizi sociali del Comune, la donna si era allontanata da casa ed era stata ospitata in una comunità. Dopo avere presentato una denuncia, la donna l’aveva ritirata ed era tornata a vivere con l’uomo nella loro abitazione.
Frasillo è stato condannato anche al risarcimento dei danni nei confronti dei familiari, del figlio di Rosalia Garofalo e delle associazioni Demetra onlus, La Mimosa onlus, Casa di Venere e Insieme per Marianna che si sono costituite parte civile nell’ambito del procedimento. Il difensore dell’uomo, l’avvocato Antonino Carmicio, in attesa di leggere le motivazioni, ha già annunciato il ricorso in appello.
Aggiornamento dell’8 luglio 2022. Riceviamo e pubblichiamo: L’autrice dell’articolo ha riportato la notizia della condanna che effettivamente è stata inflitta al mio cliente affermando, nella parte conclusiva: “Il difensore dell’uomo, avvocato Antonino Carmicio, in attesa di leggere le motivazioni, ha già annunciato ricorso in appello”. Mi preme evidenziare che il sottoscritto non ha mai annunciato nulla a chicchessia (del resto una impugnazione eventualmente si propone, ma di certo non si annuncia). Scrivere che il sottoscritto ha annunciato l’appello, e scrivere che lo avrebbe fatto prima ancora di conoscere le motivazioni della sentenza è una circostanza assolutamente non vera che lede la professionalità dello scrivente il quale, quando ha impugnato una sentenza lo ha sempre fatto dopo aver letto le motivazioni e quando queste hanno prestato il fianco a eventuali censure. Sicuramente mai in maniera preconcetta.
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