«La coppia in questi casi va incontro all’universo della mancanza - spiega il professor Giuseppe Noia, presidente de il Cuore in una goccia -. La prima è quella del supporto medico. La seconda è la mancata conoscenza scientifica della malattia»
Maternità difficili, aperto uno sportello di accoglienza «C’è poco sostegno per chi riceve una diagnosi infausta»
La maternità è una continua scoperta. Dal momento in cui si sa di aspettare un figlio tutto cambia. Si inizia a pensare di più al futuro, sia per se stessi che per la vita che sta per nascere. La domanda che attanaglia di più i genitori è: sarà sano? Quando la risposta è “no” spesso le coppie si trovano sole davanti a mille interrogativi e preoccupazioni. Con l’intenzione di dare supporto a chi riceve una diagnosi di questo tipo nasce a Palermo uno Sportello di accoglienza per le maternità difficili, nella sede del consultorio Cana, in corso Calatafimi in collaborazione con la fondazione Il cuore in una goccia onlus. Sarà inaugurato il 29 ottobre prossimo.
«La coppia dinanzi alla diagnosi infausta va incontro all’universo della mancanza – spiega il professor Giuseppe Noia, presidente della fondazione -. La prima mancanza è quella del supporto medico che si caratterizza, nella maggior parte dei casi, in una esplicita richiesta di interrompere la gravidanza con diverse argomentazioni apparentemente umane e sensate o di una sorta di abbandono assistenziale, qualora la coppia si esprima nel non voler interrompere la gestazione, in nome di una errata convinzione dei danni di quella patologia. La seconda è la mancata conoscenza scientifica della storia naturale di quella malattia. Spesso si è informati ma non si conosce: il passaggio culturale dall’informazione alla conoscenza permette di ridurre l’amplificazione del rischio, riduce l’ansia e quindi il rifiuto del figlio. Tutto questo avviene con consulenze scientificamente rigorose e corrette basate sulle storie naturali, cioè di quello che è successo realmente quando andando avanti con la gravidanza, ci si confronta sul parto, post-partum, infanzia e persino fino all’adolescenza».
Secondo la fondazione occorre che l’approccio umano consolidi e completi l’approccio scientifico. per il professor Noia «tutti e due rispondono alle domande: a chi mi rivolgo? Quale specialista devo consultare? Quali strutture mediche si occupano della patologia di mio figlio? Ci sono strutture nella mia zona? Cosa sarà dopo? Tutto questo, quando manca la comprensione di medici, familiare e altre figure, fa parte di una strategia scientifica, umana e psico sociale che noi chiamiamo Medicina condivisa. La Fondazione Il Cuore in una Goccia la attua tentando di lenire lo stato di sofferenza dei futuri genitori, che è spesso accresciuto dalle ostilità delle figure intorno a loro, dalla mancanza di supporto psicologico e spesso anche dalle mancanze di sostegno economico».
Una questione particolarmente delicata riguarda il tema dell’aborto. Chi offre questo servizio, dopo aver informato la coppia dal punto di vista strettamente medico e scientifico, propone alternative all’interruzione di gravidanza. «Sconsigliamo l’interruzione volontaria perché è la negazione dell’umano – aggiunge Noia -. La donna sceglie l’alternativa perché difficilmente vuole togliere la vita al proprio figlio e perché all’articolo 5 della legge 194 si propone espressamente questa possibilità, dimostrando che anche nella volontà dei legislatori della 194 c’era un’opzione che non incoraggia l’interruzione volontaria. Infine è giusto che si diano pari opportunità di scelta: chi sceglie l’interruzione segue le linee della 194, ma per chi sceglie di continuare, nonostante la malformazione del proprio bambino, cosa c’è di sostegno per questa scelta nel panorama sociale? Nulla».
Nel concreto, alla coppia con diagnosi prenatale infausta viene proposto un accompagnamento a doppio step. Il primo step è scientifico e clinico ed è basato sulla precisazione o conferma della diagnosi infausta, sulla conoscenza della storia naturale, di come evolve sia prenatalmente che postnatalmente, la scelta del tipo di parto e l’età gestazionale più opportuna. Inoltre vengono presentate le possibili terapie del feto e/o i trattamenti palliativi prenatali come le terapie e i trattamenti palliativi postnatali. Tutto questo è operato da più specialisti e negli incontri diversificati che fa la coppia con il ginecologo, il genetista, il neonatologo, l’ostetrica, la psicoterapeuta, i cardiologi pediatri e gli eventuali neurochirurghi o chirurghi pediatri. Il secondo step è rappresentato dall’affiancamento delle famiglie della Fondazione Il Cuore in una Goccia: sia le famiglie testimone (cioè famiglie che hanno già vissuto il problema di un figlio con gravi patologie feto-neonatali), sia le famiglie cireneo (che non hanno avuto esperienza di figli con gravi patologie) danno una disponibilità di incontro, telefonate, sostegno di vario tipo affinchè possa essere ridotta la solitudine, la confusione e la desolazione di quella esperienza.
La collaborazione con il consultorio familiare Cana nasce da una sensibilità, da un’esperienza e da una visione culturale di Laura Ardizzone. «Una ostetrica che nel corso della sua esperienza – conclude Noia – ha visto la sofferenza delle famiglie dinanzi a un problema del proprio bambino, la scelta dell’interruzione, spesso con ricadute gravi sulla salute psicologica e fisica della madre. Per il suo ruolo ha pensato e ricercato soluzioni che dalla informazione permettessero la crescita della conoscenza, per un’alternativa all’aborto eugenetico, aumentato dal 1981 al 2016 dallo 0,5 al 5,3 per cento. Il fatto culturale è che, in tal modo, si promuove una politica sociale che allontani dall’ideologia e veda i reali bisogni e le reali risposte a famiglie con problematiche di handicap dei loro figli. Rimuovere le barriere architettoniche esterne all’uomo è un importante segno di civiltà; rimuovere le barriere e i pregiudizi ideologici interni all’uomo, è un’operazione di molto superiore: significa usare le ragioni della ragione scientifica e antropologica per un servizio alle famiglie che da solidale diventa promozione sociale e combatte le discriminazioni, fornendo pari opportunità».