Tre milioni di euro sotto sequestro. È il risultato dell’operazione della direzione investigativa antimafia di Catania che ha emesso l’ordinanza nei confronti di Antonino Sciacca, 63 anni, originario di Cesarò – in provincia di Messina – ma che vive a Bronte, nel Catanese. Sciacca, insieme ai due figli, era già stato arrestato nel 2004 durante l’operazione Tunnel perché sospettato di far parte dell’associazione mafiosa locale. Un’accusa confermata fino alla corte d’appello di Catania e punita con tre anni e quattro mesi di carcere. Secondo i giudici, Sciacca fa parte della mafia brontese, che fa capo a Francesco – detto Ciccio – Montagno Bozzone e Salvatore Catania, collegati alla famiglia catanese Santapaola-Ercolano.
Ecco il video della Dia dell’operazione
http://youtu.be/ZmCY7xkirig
Durante l’operazione Tunnel, insieme ai tre Sciacca furono arrestate altre 20 persone tra Bronte, Maniace e Cesarò. Tra le accuse – come omicidi, estorsioni e furti – anche lacquisizione in modo diretto e indiretto della gestione e controllo delle attività economiche del territorio. Come la Sicilia inerti, azienda edilizia – specializzata in frantumazione di pietre e minerali lavici – a nome di Giacomina Barbagiovanni, moglie di Sciacca, che sarebbe risultata avvantaggiata nella fornitura del materiale all’interno di un mercato alterato dal metodo mafioso.
Agli investigatori è bastato un controllo incrociato tra quanto guadagnato – poco – e quanto speso – troppo – da Sciacca per notare una sproporzione che è possibile spiegare con eventuali ricavi illeciti. Senza considerare poi la sproporzione evidenziata tra i redditi dichiarati ed il patrimonio posseduto da Sciacca. Quest’ultimo, adesso, sequestrato per un totale di tre milioni di euro in diversi rapporti bancari, numerosi automezzi, l’impresa edilizia e i beni immobili a Bronte.
E per la Sicilia inerti non è la prima volta in cui arrivano le forze dell’ordine. Portando con loro denunce e sequestri. A giugno, uomini della Dia e della polizia hanno rilevato la realizzazione e la gestione illecite di una discarica abusiva di rifiuti speciali allinterno del parco dellEtna e lattività estrattiva abusiva di materiale vulcanico in un luogo sottoposto a vincolo ambientale. Gli operai della ditta, infatti, scavavano e – per non essere scoperti – coprivano i buchi lasciati dalle estrazioni con materiale di risulta proveniente da altri luoghi. Intaccando così anche zone a ridosso dellacquedotto per i Comuni della provincia di Enna. Una pratica spesso accompagnata dal tombamento di rifiuti speciali provenienti da demolizioni edili, sulla quale venivano scaricate decine di metri cubi di terreno vegetale per fingere che non fosse mai successo nulla. Il tutto in un’area di circa 400 metri quadrati, con un volume doppio.
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