A essere contattato dall'ex uomo di Cosa nostra, prima via Facebook e poi al telefono, è Gianluca Maria Calì, che si è ribellato al racket delle estorsioni. «All'inizio ho vissuto attimi di scoramento, subito fugati dall'incontro con carabinieri e magistrati»
Mafia, pentito telefona a imprenditore che denunciò pizzo «C’era una calibro 45 pronta per essere usata contro di me»
«Sono scosso, fonte attendibile mi dice che c’era una pistola calibro 45 con 7 proiettili autoesplodenti pronta per essere usata contro di me ad Altavilla Milicia, ma grazie ai carabinieri che sono arrivati prima questo progetto è stato sventato». A renderlo noto, attraverso Facebook, è Gianluca Maria Calì, imprenditore palermitano che ha denunciato il pizzo e le ritorsioni subite. E che ha appreso questi dettagli da un pentito che lo ha contattato prima attraverso un profilo falso sui social e poi via telefono. «Un’altra cosa ancora più terrificante è sapere che a Milano c’è una pistola Beretta nella disponibilità di chi mi potrebbe volere male, pronta per essere usata», città dove l’imprenditore si reca spesso per lavoro e dove Cosa nostra ha pensato di ucciderlo, allontanando da sé i sospetti di un attentato di stampo mafioso. Un dettaglio, anche questo, che arriva dall’inaspettato informatore.
L’uomo lo ha contattato prima attraverso Facebook, utilizzando uno pseudonimo. Poi i due si sono parlati al telefono e il pentito ha rivelato la sua identità, presentandosi e uscendo finalmente allo scoperto. «Da subito ha dato dati precisi e circostanziati», spiega Calì. Che non ha avuto il tempo di dubitare se si trattasse per davvero di un pentito, un ex mafioso. «Mi ha dato dei riscontri e comunque ho dato tutte le informazioni necessarie ai carabinieri – dice infatti -. Ha detto che mi stima e come me, ora che si è pentito, vuole eliminare la feccia mafiosa. Mi ha riferito cose che conosceva personalmente, come alcuni dettagli sull’incendio che ho subito e sui mandanti». Tutto riportato, subito dopo, alle autorità. «Voglio far presente che i carabinieri e i magistrati come sempre arrivano prima, per cui chi ha progetti criminosi deve sapere che certamente viene assicurato alla giustizia. Anche i collaboratori come i testimoni di giustizia sono un perno fondamentale perché ogni cosa faccia il giusto corso».
Durante la telefonata l’uomo ha rivelato anche altri particolari, come quello di Milano. Il suo omicidio «doveva essere un grande regalo alla famiglia mafiosa di Bagheria, perché Gianluca Maria Calì “è il numero uno degli sbirri”. Felice di essere sbirro – commenta lui – e grazie di cuore ai carabinieri e alla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo per il loro impegno e professionalità», dice adesso pubblicamente l’imprenditore, che si è rivolto subito alle autorità. Malgrado, però, abbia mantenuto lucidità e sangue freddo, Calì non nasconde di essere stato attraversato da tantissime sensazioni. «Ho provato attimi di scoramento – rivela -, fugati poi grazie alla professionalità dei carabinieri e dei magistrati». Le indagini adesso dovranno fare chiarezza sulle informazioni raccontate a Calì dal pentito. «Purtroppo, come dice anche il collaboratore di giustizia, rappresento un obiettivo da colpire perché sono il numero uno degli sbirri (ribadisco, felice di esserlo) e andrò avanti a fare il mio dovere morale e civile per tutta la vita».