Mafia nigeriana tra droga, armi e violenze sessuali Nel rito di iniziazione metodi simili a Cosa nostra

«
Voglio essere un norseman (affiliato, ndr)». Sono le parole ripetute a ritmo di un canto africano durante un incontro tra i sodali dell’associazione mafiosa Vikings (detta anche Supreme Vikings Confraternity), tenutosi a Catania in via Balilla e a cui avrebbero partecipato anche le 19 persone fermate nell’operazione contro la mafia nigeriana anticipata nei giorni scorsi da MeridioNews. Un vero e proprio rito di iniziazione, intercettato e registrato in diretta, che ha fatto emergere la struttura verticistica dell’organizzazione criminale transnazionale nigeriana di matrice cultista, detta anche Norsemen della Nigeria

Una particolare forma di giuramento che sancisce la
fedeltà all’organizzazione e la ferocia degli appartenenti al gruppo secondo la regola del Baga kills baga, che prevede anche l’omicidio nel caso in cui un Viking faccia del male a un altro sodale. Congiungere i pollici tenendo le mani giunte è il modo che avrebbero utilizzato per salutarsi gli appartenenti al gruppo, che per rappresentarsi ricorre al simbolo della nave dei vichinghi e ai colori rosso e nero. Nel novembre dello scorso anno, un cittadino nigeriano ha iniziato a collaborare rendendo dichiarazioni alla direzione distrettuale antimafia di Catania in merito al rituale di giuramento denominato oath che prevede che l’aspirante cultista beva il sangue di un Viking che si taglia un dito con un rasoio o con pezzi di ossa, secondo il principio del Blood for blood

«Modalità di affiliazione – ha spiegato il procuratore di Catania,
Carmelo Zuccaro – che presuppongono un rituale che non ha nulla da invidiare a quelli più classici di Cosa nostra, della quale i Vikings ricalcano anche le dinamiche di assoggettamento». I reati ipotizzati, a vario titolo, sono di associazione mafiosa, traffico illecito di sostanze stupefacenti (cocaina e marijuana) o psicotrope e violenza sessuale aggravata con l’aggravante di essere un’associazione armata. Le indagini, coordinate dalla procura distrettuale di Catania e avviate dalla sezione criminalità straniera della squadra mobile, sono partite a settembre. A dare il via è stata la denuncia di un cittadino nigeriano ospite del Cara di Mineo vittima di reiterate aggressioni e di una rapina da parte di suoi connazionali. «Il centro di accoglienza è diventato uno snodo importante di approvvigionamento dei pusher nigeriani delle piazze di spaccio di Catania, Caltagirone e Caltanissetta», afferma il procuratore. Il gruppo avrebbe gestito un fiorente traffico di sostanze stupefacenti che sarebbero arrivate nel Catanese da Roma e da Napoli, tramite scambi con altri cittadini nigeriani. «Non risultano rapporti con la criminalità organizzata locale – dicono gli inquirenti – non c’è concorrenza, bensì una sorta di tolleranza perché i target della clientela sono diversi».

Gli indagati avrebbero orbitato tutti attorno al centro di accoglienza più grande d’Europa che il ministro dell’Interno, 
Matteo Salvini, ha intenzione di chiudere in breve tempo anche se per l’attuale direttore Francesco Magnano l’operazione non sarebbe «così semplice». Tra gli indagati c’è chi è arrivato in Italia pochi mesi fa e chi già da più di un anno, non tutti avrebbero avuto diritto di vivere al Cara ma «è una struttura che, gestendo numeri troppo grandi, non permette di controllare chi entra e di chi esce», puntualizza il procuratore, per poi aggiungere che «così come è stato concepito è un grosso errore e come funziona adesso non è un luogo di legalità».

Gli indagati apparterebbero tutti alla cellula denominata
Catacata M.P. Italy Sicily – De Norsemen kclub international con base operativa dentro il Cara di Mineo. La stessa si opporrebbe ad altri gruppi cultisti rivali per imporre la propria egemonia sul territorio e assumere e conservare il predominio nell’ambito delle comunità straniere presenti nel centro di accoglienza creando un forte assoggettamento omertoso. In particolare, al vertice della consorteria ci sarebbe stato William Ihugba detto Unoma o Oyoma, considerato l’FF del gruppo in Italia, ovvero il capo che ha il compito di nominare i responsabili dei gruppi territoriali (detti executioner). Il capo attuale del gruppo catanese è stato individuato in Kingrney Ewiarion detto Jogodò o Geghedé. Tra gli altri indagati, Anthony Leonard Izedonmi, detto Phyno, trasferitosi a Bergamo, sarebbe stato il punto di collegamento con le altre cellule della stessa confraternita presenti sul territorio nazionale. 

Dalle attività investigative è emerso anche un episodio di
violenza sessuale di gruppo, che sarebbe stato perpetrato contro una giovane donna nigeriana residente al Cara di Mineo. Una violenza messa in atto da uno degli indagati, con la complicità di altri sodali. Gli aggressori, nel cuore della notte, avrebbero fatto irruzione nell’alloggio della vittima e, armati di machete, l’avrebbero violentata ripetutamente minacciandola di morte. Per quanto riguarda l’accusa di traffico di droga, il 21 settembre alla stazione di Catania è stato arrestato un cittadino nigeriano ospite del Cara perché ritenuto responsabile del reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente (marijuana). L’uomo è stato bloccato dagli agenti mentre stava salendo su un autobus diretto a Caltanissetta. Il 6 dicembre, poi, la squadra mobile ha arrestato due nigeriani a Caltagirone vicino a un rifornimento di servizio per gli stessi reati in materia di stupefacenti. 

All’interno delle abitazioni di alcuni indagati sono state trovate e sequestrate delle armi bianche: una
mannaia, un coltellaccio e anche marijuana e materiale per il confezionamento. Tre dei destinatari del decreto di fermo risultano irreperibili e sono ancora ricercati. Per tutti i fermati, i gip hanno convalidato i provvedimenti disponendo la detenzione nelle case circondariali di Catania Bicocca, Siracusa, Messina e Bergamo. Per le donne coinvolte nell’inchiesta, il gip di Caltagirone ha stabilito la misura della detenzione in carcere, in attesa di indicazioni su dove eseguire la misura degli arresti domiciliari


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