Mafia, latitante il presunto boss Massimiliano Salvo Accusato di omicidio, il suo nome fatto da un pentito

Hanno provato ad arrestarlo stanotte, nell’ambito dell’operazione Lock out dei carabinieri di Enna assieme alla procura di Caltanissetta. Però non era in casa. È cominciata oggi la latitanza di Massimiliano Salvo, presunto boss del clan Cappello, accusato dal collaboratore di giustizia Orazio Cardaci dell’omicidio di Prospero Leonardi, avvenuto il 23 maggio 2012 a Catenanuova. Massimiliano Salvo è fratello di Giampiero, imputato per la strage di Catenanuova del 2008, e di Maria Giovanna, arrestata questa mattina anche lei per l’omicidio di Leonardi e per il tentato omicidio di Angelo Drago. Che in quell’occasione rimase solo ferito. Massimiliano Salvo viene indicato, da fonti giudiziarie, come uno degli esponenti più pericolosi della mafia catanese. Sulle orme del padre, Giuseppe Salvo — noto come Pippo ‘u carruzzeri — ergastolano a Parma, cugino del boss Salvatore Pillera, legato a doppio filo con Salvatore Cappello e reggente dell’omonima cosca di Catania. Del giovane Massimiliano (classe 1982) si è parlato lo scorso febbraio quando, in occasione della festa di Sant’Agata, la candelora degli ortofrutticoli ha sostato a lungo nelle immediate vicinanze della sua abitazione. E lontana dal percorso prestabilito del fercolo. Storia che ha portato a una querela per il nostro quotidiano MeridioNews, che l’ha raccontata.

Il rampollo della famiglia Salvo è accusato di aver ucciso Prospero Leonardi. Secondo gli inquirenti, si era trattato di un regolamento di conti. Un modo per rimettere a posto Leonardi, che — su mandato di Cosa Nostra di Enna — aveva tentato di opporsi ai Cappello, cercando sostegno in altre famiglie mafiose del Catanese, in particolare dell’area di Paternò. Nel frattempo, aveva annunciato di essere il nuovo leader della piazza, presentandosi come unico referente dalle persone alle quali chiedeva il pizzo. Un eccesso di sicurezza che non venne supportato dai clan etnei. A indicare in Massimiliano Salvo l’esecutore dell’omicidio è il pentito Orazio Cardaci. Non un esponente di spicco, bensì un uomo considerato «a disposizione». Che si occupava di faccende legate al traffico di stupefacenti a Catenanuova e che, in alcune occasioni, avrebbe riscosso le estorsioni per conto dei Salvo. 

Sarebbero proprio le dichiarazioni di Cardaci, dicono fonti della procura di Caltanissetta, ad aver causato già in passato l’allontanamento di Massimiliano Salvo. Era la fine del 2014 quando l’uomo, all’epoca sorvegliato speciale, era stato fermato sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria poiché aveva violato i due obblighi ai quali era sottoposto: quello di residenza a Catania, nella sua abitazione nel quartiere Antico corso, e quello di firma. Il tribunale campano di Torre Annunziata, per questa violazione, lo aveva condannato agli arresti domiciliari. Adesso, nell’imminenza di nuove testimonianze e in corrispondenza di un’altra operazione che coinvolge la sua famiglia, Salvo è tornato a sparire.

Secondo gli inquirenti, il pentito Cardaci era anche un uomo di fiducia di Filippo Passalacqua, già condannato per associazione mafiosa e considerato responsabile del nucleo distaccato dei Cappello nel piccolo centro dell’Ennese. Passalacqua era pure il convivente di Maria Giovanna Salvo, e padre del suo unico figlio. Il 28 marzo 2015 Passalacqua ha ricusato il suo avvocato — Davide Giugno, legale della famiglia Salvo — e ha iniziato a raccontare agli inquirenti la strage di Catenanuova. Il 15 luglio 2008 un commando armato di kalashnikov uccise Salvatore Prestifilippo Cirimbolo e ferì altre cinque persone, delle quali una gravemente. Nel mirino del clan anche Maurizio Prestifilippo Cirimbolo, colpevole — assieme al fratello — di aver tentato di affrancarsi dai Cappello, ai quali dovevano rendere conto per tutte le attività criminali nel paese in provincia di Enna. Quella ricerca di indipendenza avrebbe dovuto essere punita in maniera esemplare. L’agguato avvenne nei pressi della piazza principale della piccola cittadina. Un modo per affermare, col sangue, il controllo del territorio.

Filippo Passalacqua è considerato un esponente di spicco del clan Cappello. Anche in virtù dei suoi rapporti di parentela coi Salvo. Secondo quanto si apprende da fonti giudiziarie, Maria Giovanna Salvo — venuta a conoscenza delle intenzioni dell’ex convivente di collaborare con la giustizia — avrebbe minacciato il suicidio. Una circostanza, quest’ultima, che ha fatto temere anche per l’incolumità del figlio della donna (presa stamattina) con il neo-pentito. È stato il pericolo per il bambino a richiedere l’intervento immediato delle forze dell’ordine. Che oggi hanno arrestato Matteo Salvo — cugino di Giampiero e Massimiliano — Santo Strano e Nunzio Di Marco. Tutti sarebbero stati indicati da Passalacqua come co-responsabili dei sanguinosi fatti di Catenanuova. 


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