Mafia, la fuga di notizie sulla ricerca di Messina Denaro I due carabinieri infedeli e l’ambiguo ruolo dell’ex sindaco

Di mistero in mistero. Attorno alla figura di Antonio Vaccarino, 74enne ex sindaco di Castelvetrano usato dai servizi segreti a inizio anni 2000 per agganciare Matteo Messina Denaro attraverso una serie di lettere firmate con lo pseudonimo Svetonio, si aggiunge un altro tassello di difficile interpretazione. Secondo la Procura di Palermo avrebbe ricevuto da un tenente colonnello della Dia di Caltanissetta, il catanese Alfio Marco Zappalà, notizie segrete di un’indagine finalizzata alla cattura del superlatitante, e le avrebbe rivelate a uno storico esponente di Cosa Nostra a Castelvetrano, Vincenzo Santangelo. Per questo Vaccarino è finito in carcere, con l’accusa di rivelazione di segreto d’ufficio con l’aggravante di aver agevolato l’organizzazione mafiosa. Perché lo avrebbe fatto? Secondo il giudice per le indagini preliminari Piergiorgio Morosini non c’è dubbio che «il reale intento di Vaccarino non era certo aiutare le ricerche del latitante, quanto piuttosto procurarsi informazioni di prima mano sullo stato delle indagini svolte dalla Procura di Palermo per la cattura del pericoloso criminale e rivelare tali informazioni a soggetti inseriti nell’associazione mafiosa». 

Rimangono però molte domande a cui le indagini – coordinate dal procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Paolo Guido – al momento non hanno saputo dare risposte: perché un colonnello della Dia si rivolge a Vaccarino, già condannato per aver fatto parte di più associazioni armate finalizzate al traffico internazionale di droga? Con quale scopo? «Per impedire l’arresto di Messina Denaro o – si chiede lo stesso giudice nell’ordinanza – per riuscire egli stesso, al di fuori di ogni contesto istituzionale, a localizzarlo e a catturarlo?». E in ogni caso – è il dubbio della Procura – come poter pensare di fare breccia nella famiglia mafiosa di Castelvetrano, visto che da ormai 15 anni è di dominio pubblico che Vaccarino è stato utilizzato dai servizi segreti per tentare di arrivare alla primula rossa? Al punto che lo stesso superlatitante avrebbe chiuso la corrispondenza con Vaccarino con un ultimo messaggio intimidatorio: «Ha buttato la sua famiglia in un inferno… la sua illustre persona fa già parte del mio testamento. In mia mancanza verrà qualcuno a riscuotere il credito che ho nei suoi confronti». 

Intanto bastano gli episodi ricostruiti dal Ros dei carabinieri tra la fine del 2016 e il 2018 per far suonare un serio campanello d’allarme sulla fuga di notizie in indagini delicatissime. Secondo quanto ricostruito, il tenente colonnello della Dia Zappalà, mentre è in servizio a Caltanissetta, contatta Vaccarino e avvia uno scambio di informazioni coperte da segreto su ambienti mafiosi vicini a Messina Denaro. L’ex sindaco è convinto di essere finito in passato al centro di un processo penale con l’accusa di aver fatto parte di Cosa Nostra solo a causa del pentito Vincenzo Calcara. E confida nella speranza di «aprire una fase di rilettura critica di una stagione processuale». Questo lo avrebbe portato ad accettare la collaborazione chiesta da Zappalà nel riprendere i contatti con il latitante. 

Il 7 marzo Zappalà va a casa di Vaccarino a Castelvetrano e gli rivela – tramite quattro foto inviate via email – il contenuto di un dialogo tra due soggetti intercettati nell’ambito dell’indagine sulla cattura di Messina Denaro. I due parlano del funerale di Lorenzo Cimarosa, cugino della primula rossa e collaboratore di giustizia, morto l’8 gennaio del 2017 e lo definiscono un «fradiciume» e un «rugnoso». Ma al centro della conversazione c’è soprattutto Vincenzo Santangelo, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Castelvetrano che ha finito di scontare la sua pena ed è socio della ditta di onoranze funebri che organizza il funerale di Cimarosa. Una colpa grave per i due interlocutori quella di aver favorito la famiglia di un pentito. Così Santangelo viene accusato di volersi «fare grande, il minchia». Nel prosieguo del verbale di intercettazioni i due parlano di luoghi in cui Messina Denaro si sarebbe nascosto, ma il contenuto rimane tuttora segreto. Né questa parte sarebbe stata consegnata da Zappalà a Vaccarino. 

A fornire a Zappalà – che essendo in servizio a Caltanissetta non si occupa di indagini sulla latitanza di Messina Denaro – quelle trascrizioni sarebbe stato Giuseppe Barcellona, carabiniere della compagnia di Castelvetrano, lui sì impegnato in prima fila nella ricerca del latitante. Perché lo avrebbe fatto? Barcellona era stato sottoposto a Zappalà per circa tre anni al battaglione Carabinieri Sicilia a inizio anni 2000 e, secondo gli inquirenti, il tenente colonnello della Dia avrebbe fatto pesare questo rapporto nel momento in cui è venuto a conoscenza che Barcellona era uno degli uomini impegnati nell’ascolto delle intercettazioni. Ma le motivazioni si fermano qui. La stessa Procura annota che «non è stato possibile verifìcare le ragioni per le quali si sia prestato a consegnare al proprio ex superiore quel verbale». 

Documento che il giorno dopo Vaccarino consegna a Santangelo: «Con l’uso che tu sai di doverne fare e con la motivazione che la tua intelligenza sa che mi spinge», gli suggerisce l’ex sindaco. «Evidentemente – concludono i pm – vuole metterlo in guardia rispetto all’esistenza di attività di intercettazione riguardanti soggetti vicini al contesto mafioso di Castelvetrano in modo quindi da prendere le opportune precauzioni». 

Salvo Catalano

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