Tutti rinviati a giudizio. Dovranno affrontare il processo le persone arrestate e quelle indagate nell’ambito dell’operazione antimafia Fenice. Le indagini – coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) ed effettuate tra il 2016 e il 2023 dai carabinieri del Nucleo investigativo di Ragusa e dai finanzieri del Gico (Gruppi d’investigazione sulla criminalità organizzata) – avevano portato […]
Mafia degli imballaggi nel Ragusano, tutti a processo gli indagati: tra questi Elio Greco
Tutti rinviati a giudizio. Dovranno affrontare il processo le persone arrestate e quelle indagate nell’ambito dell’operazione antimafia Fenice. Le indagini – coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) ed effettuate tra il 2016 e il 2023 dai carabinieri del Nucleo investigativo di Ragusa e dai finanzieri del Gico (Gruppi d’investigazione sulla criminalità organizzata) – avevano portato all’arresto di 16 persone nel giugno scorso. Le accuse, a vario titolo, sono associazione a delinquere di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, illecita concorrenza con minaccia o violenza, tentato omicidio, estorsione e tentata estorsione, detenzione abusiva di armi e porto in luogo pubblico, detenzione, trasporto e cessione di sostanze stupefacenti, falsità ideologica commessa da privati: reati tutti aggravati dalla finalità mafiosa. Il processo si celebrerà davanti al Tribunale collegiale di Ragusa l’8 aprile prossimo.
Per 16 indagati era stata eseguita un’ordinanza di custodia cautelare in carcere su richiesta della Dda, ma erano una trentina i soggetti indagati. Secondo l’accusa, si tratterebbe di «dinamiche criminali dell’associazione a delinquere riconducibile a Cosa nostra operante nel territorio di Vittoria e in altri comuni della provincia di Ragusa, capeggiata da Emanuele (detto Elio) Greco. Nella nota relativa all’operazione Fenice venivano descritti i ruoli degli indagati: Gaetano Valenti, detto Tano u’ barbiere, sarebbe stato investito da Emanuele Greco, durante il periodo di detenzione di quest’ultimo, del ruolo di referente pro tempore dell’organizzazione criminale che lo stesso Greco avrebbe comandato. Quest’ultimo, messo ai domiciliari nel gennaio 2021, avrebbe sfruttato la propria abitazione quale base logistica in cui effettuare incontri riservati con i propri sottoposti, con esponenti apicali dei gruppi riconducibili a Cosa nostra e operanti in altri contesti territoriali, nonché con importanti imprenditori del settore del packaging, riprendendo di fatto il proprio ruolo di riferimento del sodalizio mafioso e riaffermando la propria influenza sul territorio.
Secondo i magistrati, si tratta, di «un’associazione per delinquere di tipo mafioso che, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, avrebbe perpetrato una serie indeterminata di delitti contro la vita, l’incolumità individuale, la libertà personale, il patrimonio, e acquisito – in modo diretto o indiretto – la gestione o comunque il controllo di attività economiche, con particolare riferimento al settore della produzione e commercializzazione di imballaggi per prodotti ortofrutticoli. Il sodalizio – continuano i magistrati – ha esteso il suo potere mafioso e il controllo territoriale. A riscontro della sua operatività sarebbero emersi collegamenti con altri gruppi mafiosi, inclusi i clan Santapaola-Ercolano di Catania, Nardo di Lentini, Rinzivillo di Gela».
Nuccio e Alberto, figli di Emanuele Greco avrebbero avuto anch’essi, secondo la tesi accusatoria, un ruolo nella gestione, con il padre, negli affari imprenditoriali nel settore degli imballaggi, facendo leva sul carisma criminale per influenzare e condizionare la libera concorrenza. Si sarebbero imposti come intermediari bypassando di fatto il provvedimento di sequestro di beni e disponibilità del valore complessivo di 35 milioni di euro emesso dal Tribunale di Catania, su richiesta della Procura distrettuale antimafia, a carico di Emanuele Greco e che aveva riguardato anche diverse società, tra le quali l’azienda di famiglia Vittoria pack srl. Secondo la Dda, «la consorteria criminale, operando con modalità spesso illecite e spregiudicate e interagendo con altri soggetti malavitosi, quali i Consalvo e i Puccio, riciclatisi anch’essi in tale ambito territoriale come imprenditori, avrebbe continuato a imporre la propria leadership nell’ambito del lucroso settore del mercato locale, con particolare riferimento alla vendita di materiali e imballaggi per confezionamento dei prodotti ortofrutticoli, assai fiorente nel contesto territoriale, a vocazione prevalentemente agricola, del comune di Vittoria».
«Sarebbe emersa altresì – continua la Direzione distrettuale antimafia – la collusione di imprese attive nel settore della commercializzazione di prodotti petroliferi, che – grazie alla rete di relazioni di Emanuele Greco – sarebbero riuscite ad approvvigionarsi di carburante di provenienza illecita, così accrescendo il proprio giro d’affari, potendo contare sulla competitività derivante da carburanti a basso costo. Al contempo – continua la Dda – le stesse aziende, ponendosi a disposizione di Emanuele Greco, avrebbero apportato un concreto contributo causale ai fini della conservazione, del rafforzamento, e comunque della realizzazione anche parziale del programma criminoso dell’associazione mafiosa». Valenti venne arrestato ad aprile 2021; l’arresto e il fatto che venne «trovato in possesso di un’arma da fuoco clandestina detenuta illegalmente e di un’importante quantità di stupefacente – dice la Dda – avrebbe consentito di evidenziare come gli interessi del gruppo abbracciassero anche il settore degli stupefacenti, delle armi e delle estorsioni».
«Sul punto – dice la Dda – emergono evidenze in cui il gruppo mafioso avrebbe posto in essere azioni intimidatorie verso altri soggetti pregiudicati vittoriesi per indurli al pagamento di quantitativi di stupefacente forniti da altre consorterie, che si sarebbero rivolti al gruppo dei Greco riconoscendone le capacità operative sul territorio. Parimenti, sono stati monitorati momenti di criticità all’interno dei quali gli appartenenti al gruppo si sarebbero organizzati per il compimento di azioni di forza con l’uso di armi da compiere in danno di pregiudicati vittoriesi, che grazie al tempestivo intervento degli inquirenti si risolsero senza spargimento di sangue».