Non finiscono i guai per la famiglia Riina. Questa mattina infatti i militari del Ros e della compagnia carabinieri di Corleone hanno eseguito un decreto di confisca emesso dalla prima sezione penale per le Misure di prevenzione del tribunale di Palermo. Il procedimento è a carico del padrino, ormai deceduto, Salvatore Riina e degli eredi Antonina (Ninetta) Bagarella, Giuseppe Salvatore Riina, Maria Concetta Riina, Lucia e Giovanni Riina.
I beni a carico dei quali è stata disposta la confisca – già sottoposti a sequestro nel luglio 2017 – sono: 5700 euro pari al 95 per cento dell’intero capitale sociale, relativi alla partecipazione di Antonino Ciavarello (genero di Totò Riina ndr) nella Clawstek S.r.l., con sede a San Pancrazio Salentino (BR) ed operante nel settore delle riparazioni meccaniche; 500 euro pari al cento per cento del capitale sociale, relativi alla partecipazione sempre di Antonino Ciavarello nella Rigenertek S.r.l. a capitale ridotto in liquidazione, con sede anche questa a San Pancrazio Salentino (BR) ed operante nel settore del commercio per corrispondenza di autoricambi; cinquemila euro pari al cento per cento del capitale sociale, relativi alla partecipazione di Antonino Ciavarello nella AC Service S.r.l., con sede a Lecce ed operante nel settore del commercio all’ingrosso ed al dettaglio di autovetture e relativi cambi ed accessori.
E ancora 17 rapporti bancari e un’abitazione a Mazara del Vallo, fittiziamente intestata a Vito Calandrino. Nel corso del procedimento di prevenzione era stata inoltre applicata, ai sensi dell’articolo 34 del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, l’amministrazione giudiziaria per la durata di mesi sei (successivamente prorogati di ulteriori mesi sei) dell’Azienda Agricola Santuario Maria SS. del Rosario di Tagliavia, a Corleone: già nel 2017 le indagini del Ros avevano portato alla luce l’irregolare gestione dell’azienda agricola, di fatto amministrata per conto della famiglia Riina alla quale spettava ogni decisione sia sull’utilizzo dei terreni che sulla distribuzione delle rendite, esautorando il legale rappresentante dell’azienda.
Il valore dei beni confiscati ammonta ad euro un milione e mezzo circa. Il tribunale ha pertanto confermato che gli investimenti eseguiti nel tempo sono avvenuti in uno stato di profonda sperequazione, il cui saldo finale progressivo ammonta a ben 448 mila euro.
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